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ISRAELE: DIECI BUGIE PER DIECI GIORNI #1

ISRAELE: DIECI BUGIE PER DIECI GIORNI #1

Nicoletta Tiliacos

Dopo il 7 ottobre 2023, di fronte all’ondata di antisemitismo che percorre le società occidentali e contagia le giovani generazioni, è sempre più necessario smontare le menzogne sullo Stato ebraico, tese a negarne lo stesso diritto all’esistenza. Nel pamphlet intitolato “Le dieci bugie su Israele”, la giornalista e scrittrice Fiamma Nirenstein analizza i più deleteri luoghi comuni dell’odio antiebraico e antisraeliano, confutandoli uno per uno e smascherando le manipolazioni della realtà su cui si fondano. 
Setteottobre ringrazia l’autrice, che ha accettato di mettere a disposizione del nostro sito questo suo prezioso lavoro, e la Federazione delle Associazioni Italia-Israele, che nell’aprile 2024 ne ha pubblicato e diffuso gratuitamente la versione cartacea. 
Il nostro sito pubblicherà da oggi, per dieci giorni, un brano delle “10 bugie su Israele” di Fiamma Nirenstein. Quella che segue è l’introduzione dell’autrice.

È possibile scaricare gratuitamente il libro di Fiamma Nirenstein nella versione completa sul sito della Federazione delle Associazioni Italia Israele.

Introduzione

Fiamma Nirenstein

Dire la verità su Israele è una necessità urgente. Da molti anni il pensiero su Israele è inquinato fino all’asfissia da una ben preparata serie di bugie che nei decenni sono diventate mentalità diffusa, e che alimentano non solo l’incitamento al terrorismo nel mondo arabo ma anche l’odio antisemita nel mondo occidentale. L’ignoranza che ne deriva è un abisso di vergogna. I ragazzi che scendono in piazza contro Israele non ne sanno altro che stupidi miti e menzogne, mentre si ignorano anche i fatti più elementari della sua storia e della sua attualità. Quasi nessuno sa quando, dove, perché sia nato lo Stato d’Israele e cosa voglia dire chiedere che la “Palestina” lo sostituisca “dal fiume al mare”.

Quale fiume, quale mare? Quello dell’odio antiebraico. Il resto è ignoto. La stessa idea di “due stati per due popoli” è lontana dalle folle che si nutrono di menzogne, perché di “Stati” esse ne vogliono uno solo, quello di Palestina, che non esiste e non è mai esistito. La conoscenza basilare della storia e dei fatti è sostituita dal pregiudizio, da accuse, fantasie, invenzioni antisemite che hanno per obiettivo la distruzione di Israele nella sua essenza di patria del popolo ebraico. Le bugie sono state appositamente create per negare la più evidente delle verità: il suo diritto, come quello di qualsiasi altro popolo, a vivere in pace nella propria terra, specie dopo che nei secoli e nei millenni si è dimostrata l’impossibilità per gli ebrei addirittura di sopravvivere, una volta dispersi e divisi. Sono bugie che distruggono il più logico e basilare dei diritti, quello a difendersi, a vivere. Ed è tragicamente paradossale che le folle occidentali marcino contro Israele pretendendo di distruggere, in nome dei diritti umani, il Paese che forse più di ogni altro al mondo di quei diritti fa tesoro, e in un’area, il Medio Oriente, dove in tutti i Paesi circostanti, così come fra i palestinesi di Gaza e dell’Autonomia Palestinese, quei diritti semplicemente non esistono e sono violentemente negati. Gli omosessuali sono perseguitati, le donne sottomesse, i bambini sottoposti a una cultura di violenza che li alleva nel culto nel terrorismo a scuola e in famiglia, con la prospettiva del “martirio” come orizzonte desiderabile.

La confutazione delle bugie su Israele è diventata indispensabile perché siamo di fronte a una mostruosa ondata di antisemitismo, comparabile a quella che negli anni Trenta ha portato alla Shoah. Ora, come allora, l’ondata di odio antiebraico è costruita sulla sistematica reinvenzione, mattone per mattone, della storia e della realtà contemporanea ebraica, e si manifesta in tutta la sua mostruosa potenza dopo che l’antisemitismo è esploso, esplicito come non mai, nell’attacco che il 7 ottobre 2023 Hamas ha portato contro i cittadini inermi dei kibbutz e dei villaggi prospicienti Gaza. Le atrocità con cui sono stati uccisi 1400 uomini, donne e bambini, il rapimento di 253 cittadini di tutte le età e tutte le condizioni, sono avvenuti secondo criteri immaginabili solo nella storia della barbarie nazista o nel buio dei secoli delle conquiste cieche e sorde: i figli sono stati uccisi e bruciati in braccio alle madri, i neonati decapitati, i genitori ammazzati davanti ai loro bambini, le donne violentate e uccise, eviscerate le donne incinte, i vecchi fatti a pezzi e defacciati, i lavoratori filippini e tailandesi, i beduini ammazzati con le asce, ridotti a tronchi privati delle teste e degli arti, o rapiti. È difficile persino credere ai propri occhi, ma io da giornalista ho dovuto vedere tutto ciò nei film girati dagli stessi terroristi di Hamas, che aveva programmato anche la pubblicizzazione di tutto ciò che potesse terrorizzare gli ebrei e il mondo intero per portare Israele alla distruzione e all’abbandono. Il grido “Yehud Yehud”, ebreo ebreo, ha risuonato come quello di “Juden” della Notte dei Cristalli, e sono stati uccisi sopravvissuti della Shoah. Si è sentita, entusiasta, eccitata, la telefonata alla madre, registrata, di un giovane terrorista che chiamava i suoi al tripudio familiare, perché anche lui poteva vantarsi finalmente di aver “ucciso gli ebrei”. La madre si congratulava, felice, e questo avrebbe dovuto far capire ciò che peraltro si sa da decenni: l’odio sconfinato dei palestinesi è pervasivo, il suo carattere razziale e religioso è pari alla sua ferocia. Il suo obiettivo, con l’attacco del 7 ottobre, è inequivocabile: cancellare lo Stato d’Israele dalla mappa.

Eppure, di fronte a questo abominio, la solidarietà internazionale c’è stata solo nei giorni del primo stupore. Subito dopo, è cominciata la stagione dei dubbi, delle bugie, dei distinguo, perfino del giustificazionismo di quello che era stato perpetrato da Hamas. Tutto questo, proprio quando le grandi istituzioni, in primis l’ONU e tutti i suoi derivati, l’Unione Europea, le Università, avrebbero avuto un’occasione speciale per correggere l’atteggiamento che aveva permesso l’esplosione di quell’incredibile tsunami di antisemitismo. Invece, proprio grazie ad Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, si è offerto un lasciapassare alla propaganda antisemita che negli anni si era accanita contro Israele e contro il suo diritto all’esistenza, ed è all’ONU che ha cominciato a emergere il più sorprendente odio antisemita mai visto dai tempi del nazifascismo.

Lo Stato degli ebrei è ufficialmente diventato oggetto di biasimo e di diffamazione, vero obiettivo centrale dell’odio contro il Popolo del Libro, che nei millenni ha subito continui pogrom. Prima religiosi, soprattutto cristiani, poi razziali, quelli nazi-fascisti, seguiti dall’odio sociale e politico comunista che inaugura la fase arrivata ai giorni nostri: Israele è dipinto come lo stato per eccellenza nemico dei diritti umani, ed è annesso alla banda degli oppressori globali disegnata dallo stalinismo, che non perdona a Israele la “colpa” di praticare un concetto di democrazia liberale e capitalista che lo assimila agli Stati Uniti. Su questa scia, dopo svariate mutazioni che hanno tuttavia questo stesso segno, all’indomani della strage del 7 ottobre Guterres trascinò la paurosa azione di Hamas sul proscenio dei diritti umani: i palestinesi, secondo lui, soffrono di un’occupazione che dura da 75 anni (cioè dalla fondazione di Israele) e dalla mancanza di un loro stato (sempre pervicacemente rifiutato, nonostante le tante profferte di Israele). Riferendosi al 7 ottobre, Guterres ha detto, senza vergogna: «Ci sono delle ragioni per questo, non avviene nel vuoto».

Questo punto di vista è tessuto su una fotografia della storia e della politica israeliana inventata, sia per il passato che per il presente, secondo l’idea dello stratega della propaganda di Hitler, Goebbels, che diceva: «Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una realtà».

Arafat è stato il fondatore geniale di questa impostazione della politica palestinese: leader dell’OLP, nato in Egitto, vincitore del premio Nobel, da una parte trattò una pace che non aveva mai davvero inteso fare col primo ministro Ehud Barak, a Camp David, in presenza del presidente americano Bill Clinton; dall’altra, inventò il grande terrorismo, ancora oggi modello di tutti i gruppi più crudeli del mondo. Arafat è soprattutto il terrorista che ha concepito la strage degli atleti israeliani a Monaco, la strage dei bambini sugli autobus scolastici, la sequela dei sequestri aerei e gli attacchi di massa alle sinagoghe. Sempre lui progettò e mise in pratica la seconda Intifada, che dal 2000 al 2005 fece quasi duemila morti innocenti. Arafat riuscì soprattutto a tessere una mitologia del tutto inedita del popolo palestinese, e lo fece su suggerimento del capo militare vietnamita Giap: la chiave del successo era riscrivere tutta la storia del suo mondo in chiave “antimperialista”, rendendolo un nodo della politica mondiale, oltre che della lotta tra oppressi e oppressori. Qui si fonda la cosiddetta “questione palestinese”, che diventa il piatto forte del terzomondismo antioccidentale e disegna Israele come Paese colonialista, imperialista, capitalista… è la reinvenzione dei palestinesi come un popolo perseguitato e occupato su cui, inopinatamente, era piombato il popolo ebraico, inaspettato, privo di ogni rapporto con quella che Arafat seguita a disegnare come una terra non da conquistare, ma da riconquistare a ogni costo.

Si tratta di una gigantesca bugia, fondata sull’invenzione di un passato mai esistito in una terra mai stata palestinese. La vastità e l’incongruenza della bugia la si vede persino nel ridicolo tentativo di fare di Gesù Cristo un “palestinese”, invece che un santo ebreo del suo tempo, come è evidente, o nella oltraggiosa appropriazione (avallata dall’Unesco) della città di Gerusalemme, culla dell’ebraismo e quindi di tutte le religioni monoteistiche, città nominata nella Bibbia 669 volte, mentre nel Corano non è mai menzionata.

La menzogna storica si è trasferita con molta presa su quella morale, facendo di Israele, a partire da una perversa risoluzione ONU del 1975, un paese razzista. Oggi è detto persino “di apartheid”, cosa che contraddice tutta la realtà che si vede, si percepisce, si conosce quando è evidente che l’amministrazione della giustizia, la politica, il Parlamento, gli ospedali, persino l’esercito contano in abbondanza rappresentanti di tutte le fedi e etnie, considerate pari nella legislazione israeliana. La scelta della strada della delegittimazione morale, che proditoriamente si aggrappa soprattutto al luogo comune di una “occupazione illegittima”, è il segnale della precisa direzione in cui vanno tutte le bugie su Israele: quella della obliterazione, della distruzione dello Stato Ebraico e della cancellazione del suo popolo, nel momento storico in cui si disegna la sua favolosa realizzazione, ricca di successi tecnologici e culturali, di benefici sanitari e scientifici per il mondo intero, di miracoli che hanno portato alla vittoria in guerre che sono sempre state di difesa contro le aggressioni continue da parte dei suoi nemici, a partire dal 1948.

Il senso di colpa dell’Occidente dopo la Shoah, la paura della forza di un mondo islamico antagonista della cultura occidentale e sempre più invasivo, con le ondate migratorie in Europa e in America, insieme con la cultura terzomondista di sinistra di cui parlavamo poc’anzi, sono stati la trincea dentro cui Arafat ha potuto gettare le fondamenta della peggiore fra tutte le folli accuse palestinesi, ripetute in questi giorni di guerra. Una guerra che Israele non ha né cercato né voluto, ma che combatte per sconfiggere la feroce crudeltà e le minacce di Hamas. La folle, abominevole accusa è quella che fa di Israele qualcosa di comparabile, perfino di sovrapponibile al peggiore di tutti i nemici degli ebrei, ovvero Hitler. La “nazificazione” di Israele, di cui parlava il grande storico dell’antisemitismo Robert S. Wistrich, è moneta corrente nel movimento che adesso marcia al grido di “Free Palestine”, con striscioni, cartelli, slogan in cui si invita a finire il lavoro di Hitler uccidendo tutti gli ebrei, ovvero distruggendo Israele “from the river to the sea”, e nello stesso tempo sovrappone oscenamente una svastica alla bandiera bianca e azzurra con la stella di David.

Vale la pena ripeterlo: le menzogne su Israele sono state corroborate dalle maggiori istituzioni internazionali, prima fra tutte l’ONU, con una corte di diplomatici, con l’aiuto dell’Unione Europea, e sono diventate verità nel senso comune di un mondo giovanile ignorante e facilone, nella falsa idea che il rifiuto della pace e la continua situazione di tensione e di guerra fossero dovuti alla mitica “occupazione” di Israele di “terre palestinesi” mai esistite nella storia. Così come non è mai esistito il rifiuto di Israele a un compromesso territoriale, in realtà riproposto da tutti i leader israeliani, di destra e di sinistra, e sempre rifiutato, fin dalla partizione del 1948 e poi dai tre “no” del 1968, seguiti da continui dinieghi palestinesi, accompagnati a un’esplicita politica di indottrinamento e incitamento allo sterminio, e da molteplici, crudelissime azioni di terrorismo contro donne e bambini in tutto Israele. Senza dimenticare il continuo bombardamento da Gaza da parte di Hamas, con missili quotidianamente puntati sulle strutture civili, scuole, strade, case, luoghi di lavoro, in tutto Israele.

Nonostante questo, le risoluzioni dell’ONU contro Israele sono moltissime, incomparabili per numero a quelle dedicate a paesi che violano serialmente tutti i diritti umani, come l’Iran o la Siria. Allo stesso modo, le condanne per occupazione contro Israele non sono paragonabili a quelle dedicate ad altri Paesi, dei quali è in discussione l’occupazione di spazi extraterritoriali, come il Marocco, la Cina, la Turchia.

Ma di tutte le inconcepibili offese sofferte da un Paese che rimane pertinacemente democratico, nonostante le guerre e le aggressioni continue, un paese che oggi fronteggia una guerra dichiarata dagli strateghi “la più difficile del mondo”, sopra e sotto terra (mentre il nemico usa ogni struttura civile e ogni persona come scudi e guerrieri, contro ogni civile buonsenso), la peggiore è pervenuta dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. La ICJ sta infatti discutendo dell’accusa mossa a Israele dal Sudafrica di condurre una politica “genocidaria” nei confronti dei palestinesi.

Niente di più falso o paradossale. Durante la guerra che Hamas gli ha dichiarato il 7 ottobre del 2023, Israele ha tenuto verso la popolazione civile di Gaza la condotta più morale che mai un esercito abbia tenuto: avvertendo per tempo dei bombardamenti, creando vie di fuga e interrompendo i combattimenti per consentirne l’uso, praticando la consegna continua di aiuti umanitari, non solo acqua, cibo e medicine ma anche benzina – una scelta persino bizzarra – e agendo con tutta la possibile cautela anche in battaglia, pagando un prezzo in lentezza, in perdite, in sofferenza dei soldati che seguitano a combattere con valore e determinazione, consapevoli della presenza sul terreno degli ostaggi, compresi bambini, vecchi, ragazze e ragazzi sofferenti e abusati.

Una cosa non si può chiedere a Israele, ed è di perdere, di ritirarsi, di smettere di combattere per la sua sopravvivenza. Perché questa è la verità ultima: che il popolo d’Israele vive nella libertà e nella democrazia per se stesso e per tutto il mondo che davvero crede nei diritti umani. E per questo, mentre scriviamo queste righe in tempo di guerra, sappiamo che vincerà non per la sua forza fisica, ma per il suo spirito.

Gerusalemme, marzo 2024

Bugia n. 1: Gli ebrei sono colonizzatori di una terra altrui

Le bugie su Israele tendono tutte a descrivere in termini di impresa criminale la costruzione e lo sviluppo dello Stato di Israele, e gli ebrei sono proditoriamente assimilati alla categoria dei colonizzatori. I palestinesi si presentano al mondo come i padroni di casa sfrattati da un estraneo prepotente, Israele. Ma non è così. Non c’è mai stata una civiltà o una nazione “palestinese” e tantomeno una nazione arabo-palestinese. Certo, ci sono antichi abitanti dell’area, oltre alla civilizzazione più antica di tutte, quella ebraica. Ma non c’è mai stata una cultura o una lingua palestinese, né uno stato governato da arabi palestinesi. Invece Israele è diventato una nazione già nel 1312 avanti Cristo, duemila anni prima della nascita dell’Islam. Il primo re di Israele, Saul, è del 1020 a.C. Venti anni dopo, appare la grande figura del re David. Nel 960 Salomone costruisce il primo grande santuario a Gerusalemme. Nel 586 a.C., Nabucodonosor II di Babilonia distrusse il Primo Tempio di Gerusalemme, che si ergeva sulla collina dove oggi si trova la Moschea di Al-Aqsa, il terzo luogo santo per l’Islam, non esplicitamente menzionato nel Corano se non appunto come “Al-Aqsa”, che significa “la più lontana”, interpretato poi in riferimento a Gerusalemme che è città lontana dall’Arabia Saudita, dove si trovano La Mecca e Medina, le prime due città sacre per l’Islam, menzionate nel Corano centinaia di volte (Gerusalemme invece compare nella Bibbia 669 volte, e il termine Sion 154). Dopo la distruzione del Primo Tempio e l’esilio di Babilonia, gli ebrei che poterono restare o tornare in patria dopo l’editto di Ciro il Grande, emesso nel 538 a.C., ricostruirono la loro nazione e il Secondo Tempio, finché nel 70 d.C. esso fu di nuovo distrutto dai Romani. L’imperatore Tito ridusse in schiavitù gli ebrei, deportandone molti a Roma, come testimoniano i rilievi sull’Arco di Tito, una vera fotografia in cui gli ebrei prigionieri portano sulle spalle il candelabro a sette braccia, la Menorà, che oggi è il simbolo istituzionale dello Stato d’Israele).

In seguito, mentre gli ebrei mantenevano una presenza perseguitata e precaria, che però li ha quasi sempre visti maggioranza a Gerusalemme, specie negli ultimi due secoli, si sono susseguite svariate dominazioni: Greci, Romani, Maccabei, Bizantini, Arabi, Egiziani, Crociati, Mamelucchi, Turchi Ottomani e poi gli inglesi, che sostituirono l’Impero Ottomano con il Mandato Britannico stabilito dalla Lega delle Nazioni (1936-1948). Nell’ambito della decolonizzazione, il Mandato si impegna a consentire agli ebrei, veri indigeni dell’area e maggioranza relativa a Gerusalemme sin dal 1863, la costruzione del loro Stato.