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È CIECO ANCHE CHI NON VUOL VEDERE

È cieco anche chi non vuol vedere

Giancarlo Giojelli

L’11 settembre del 2001 colse l’Occidente alla sprovvista. Eppure i segnali della guerra dichiarata dal fondamentalismo islamico erano chiari da molto tempo. Una guerra che affondava le sue radici in secoli di storia. Che aveva ucciso e massacrato popoli in nome di una Guerra Santa che vuole imporre la Sharia, la legge coranica come legge universale. E le vittime erano state, e sono, tanto cristiani quanto ebrei e anche, e soprattutto, musulmani estranei alla concezione radicale che vede il mondo diviso tra la casa dell’Islam (Dar al-Islam) e la terra della irreligiosità (Dar al-Kurf). In mezzo la terra della guerra (Dar al-Harb), dove condurre la battaglia per la vera fede. E i nemici sono i non credenti, soprattutto cristiani, ebrei e musulmani che non accettano il credo estremista (presente tanto tra gli sciiti quanto tra i sunniti, i primi in attesa del ritorno del Mahadi, l’Imam messianico, i secondi fedeli alla lettura wahabita che non lascia spazio alla terra della irreligiosità). Non sono questioni teologiche confinate a una parte del mondo arabo o musulmano. Presi dalla guerra fredda e dal terrorismo ideologico degli anni settanta e ottanta non ci siamo accorti di questa secolare guerra che covava da secoli. Una guerra contro la civiltà libera. E chi se ne era accorto era stato lasciato al martirio (come in Sudan o in Algeria). L’11 settembre ci è scoppiato in faccia. Era sotto gli occhi del mondo ma non non lo abbiamo visto. Come ci siamo illusi per altri vent’anni che la potenza militare potesse risolvere tutto. Non è stato così. Anzi molti maestri del pensiero occidentale hanno continuato a vedere nel Jihadismo la continuazione della battaglia anti-imperialista e anti-capitalista: miopi e presbiti. Miopi perché non vedevano che quello che accadevano lontano non era una guerra ‘dei poveri contro i ricchi’, una guerra di liberazione delle donne e dei diseredati, fino all’assurdo di vedere cortei sventolare bandiere rosse accanto a quelle di Hamas. Presbiti perché quella guerra non era combattuta lontano: i terroristi islamici avevano e hanno passaporti europei ed americani. Parallelamente il conflitto medio orientale è stato visto come una continuazione della lotta di liberazione ed Israele è diventato l’archetipo del dominio occidentale capitalista, per di più in terra di Islam. L’antisionismo è diventato la maschera ideologica di quello che un tempo era l’anti-giudaismo religioso o l’antisemitismo razzista. Guerra non di religione ma di società chiusa contro società aperta: la prima si pretende perfetta perché voluta da Dio (e la moralità sta nel costruirne la storia destinata a vincere), la seconda non pretende paradisi in terra ma edifica gradualmente nel rispetto dei diritti della persona. Il sette ottobre del 2023 è di nuovo esploso in faccia al mondo, come l’ 11 settembre. Anche questa una strage annunciata eppure ci ha colto ancora una volta di sprovvista. Europa e Occidente intero mostrano ancora una volta il loro difetto visivo, per non dire la loro cecità: non stanno a guardare, non vedono. Si illudono che generazioni cresciute nell’odio possano amare la pace mentre ci gridano: amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita. Attenzione: per i cristiani e gli ebrei il fondamentalismo islamico riserva un posto tutto sommato tranquillo. Basta pagare la tassa dei dhimmi, i protetti. Si paga e si può professare la religione della Bibbia, con discrezione e senza fare proseliti. In quanti siamo già psicologicamente dhimmi, rinunciando con discrezione ai valori della libera civiltà? E ignorando i tanti musulmani che cercano la pace e credono nella libertà e nel rispetto dell’umanità.