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Interventi dei soci, 21 gennaio 2024, Pierluigi Battista

Intervento di Pierluigi Battista – 21 gennaio 2024

Oggi è una giornata importante, segnatevi questa data: 21 gennaio 2024.

Prima di tutto voglio ringraziare Anita Friedman e Stefano Parisi che con l’associazione Sette ottobre ci consentono di ritrovarci, di sentirci meno soli e più impegnati se nel mondo infuriano spaventosi i segnali di una nuova caccia all’ebreo. Se gli ebrei hanno di nuovo paura. Se le sinagoghe vengono assediate. Se nelle università un tempo prestigiose gli studenti ebrei sono aggrediti e bullizzati. Allora noi dovremmo essere impegnati 365 giorni all’anno, a differenza dei professionisti del “mai più” declamatorio, che girano la testa quando rischiamo un terribile “ancora una volta”, mentre per un solo giorno, il 27 gennaio, fanno a gara nel versare lacrime insincere

È da mesi che vivo in una condizione di spaesamento, di solitudine, di angoscia. Per i bambini ebrei trucidati o rapiti, per le ragazze ebree violentate, per tutti gli ebrei presi in ostaggio a Gaza e tenuti inermi nelle grotte di Hamas. Per gli incolpevoli bambini di Gaza usati come scudi umani, certo, perché siamo per la vita e non per un’ideologia di morte. Ma sono sotto choc perché non riconosco più le persone che credevo simili a me, con cui condividevo sensibilità, letture, film e che straparlano di questione palestinese mentre ignorano chi siano i gentiluomini di Hamas, della Jihad islamica e degli Hezbollah che vogliono distruggere lo Stato di Israele e “annegare nel loro sangue” gli ebrei che ci vivono e gli ebrei sparsi nel mondo. Gente che non sa che farsene dello Stato palestinese. E lo dicono apertamente, e deridono l’ipotesi stessa di “due Stati, due popoli”. Hanno solo un’ossessione: ripulire la terra santa dalla presenza dei “maiali ebrei”.

Ma come fanno a non capire? Come fanno ad essere indulgenti con chi ha gli ebrei nel mirino? Ma non eravamo uniti dal “mai più”? È possibile che non si accorgano che siamo in un’atmosfera da “ancora una volta”?

Ho letto un articolo meraviglioso di Lia Levi, uscito su Shalom Magazine con un titolo bellissimo e purtroppo atrocemente vero: “Voi non meritate il nostro dolore”. Scrive Lia Levi: “Come è possibile che sia successo un’altra volta? Un altro ottobre simile a quell’altro ottobre lì?, e quell’altro lì è il 16 ottobre del del ’23, il giorno del rastrellamento degli ebrei di Roma. Ma allora, scrive ancora: “L’attenzione che ci avevate dedicato nelle vostre aule non era autentica. Ha fatto così presto a volar via”

E penso alla disperazione di Etgàr Keret, che dice stordito, incredulo: “la sinistra europea deve capire che Hamas non sostiene la Palestina, anzi”. È un’organizzazione “fondamentalista, omofoba, misogina. Non persegue la visione di uno Stato palestinese ma di un impero islamista”. La sinistra “deve capire”, ma non capisce. E io non capisco come faccia a non capire che se nei cortei ci sono disegni con i deltaplani trionfanti come omaggio ai deltaplani con cui hanno sparato a raffica sui giovani che ballavano in Israele, allora devi prendere le distanze con forza, devi dire che con certa gente in piazza non ci vai, che con l’antisemitismo non si scende a patti. Ma non lo fanno.

Loro non capiscono, ma io cerco di capire loro, il loro lugubre riflesso pavloviano. Il silenzio è dettato dall’impossibilità di comprendere il senso di quello che sta succedendo, il suo significato, il perché del salto verso l’abisso e dell’incubo che ci trasciniamo dietro dal 7 ottobre del 2023. E il senso è questo: si è lacerata l’ultima membrana, già sottilissima, che teneva ancora precariamente separati l’antisemitismo e l’antisionismo. Il massacro del 7 ottobre ha dichiarato al mondo che è jihad allo stato puro, non battaglia nazionalista. Una guerra di sterminio, non la rivendicazione di un diritto. Un ultimatum apocalittico di morte e distruzione, non la forza armata di un progetto politico. Nelle piazze arabe e islamiche si inneggia alla guerra santa (tranne in quella di Teheran, dove la gente non scende in piazza e vuole la libertà, dunque non è anti-israeliana) per cancellare ogni traccia di impurità ebraica. È questa integrale trasfusione dell’antisionismo nell’antisemitismo che riesce arduo accettare e invita piuttosto ad accomodarsi negli schemi consueti, a consolarsi in una fraseologia frusta, a rifugiarsi nelle vecchie abitudini di un mondo che non esiste più. Non si è più capaci di elaborare il trauma, si minimizza, si ridimensiona, si sottovaluta. Ciecamente. E perciò non si capisce più il senso del sadismo dei massacratori, dell’eccesso di atrocità compiute, della crudeltà rituale che riguarda piuttosto un’esortazione al mondo: uccideteli tutti. Uccidete tutti gli ebrei.

Passo il tempo a rivedere le immagini spaventose di quel giorno e a cui pensavo di non poter assistere, perché sono nato dopo gli anni Trenta e dunque mi è impossibile vedere le case degli ebrei polacchi che furono messe a fuoco dai nazisti alla vigilia della Shoah, esattamente come le case degli ebrei in Israele messe a fuoco dai nazisti di Hamas. Temo sempre di esagerare con questa storia degli anni Trenta che mi tormenta dal 7 ottobre. Ma ha ragione Lia Levi: come ha fatto l’attenzione dell’Occidente per la sorte degli ebrei a “volar via così presto”?

Ecco, noi non vogliamo che voli via. L’associazione Setteottobre a cui aderisco con convinzione e che bisogna appoggiare con le vostre iscrizioni e il vostro contributo anche finanziario serve a capire che non bisogna rassegarsi, darsi per culturalmente sconfitti, accettare l’inaccettabile degli ostaggi nelle mani dei predoni di Hamas. Ma non bisogna rifugiarsi nel vittimismo e nel piagnisteo minoritario. Siamo minoritari sì, ma con orgoglio e con la voglia di parlare a tutti. E di diventare maggioranza. Forse possiamo farcela. Auguri a tutti noi.

Pierluigi Battista

Setteottobre

21 gennaio 2024