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INTERVISTE MILITANTI #1

INTERVISTE MILITANTI #1

Stefano Parisi

C’è qualcosa che allontana la pace in Medio Oriente più di un leader dell’Autorità Palestinese, oggi chiamata a governare Gaza, che sfugge alle responsabilità, non prende le distanze da Hamas e menziona gli ostaggi: è una giornalista che lo asseconda senza sfidarlo.
L’intervista concessa da Mohammed Mustafa a Repubblica il 29 aprile 2025 è esemplare. Non per quello che dice Mustafa ma per quello che Francesca Caferri non dice, non chiede, non contesta.
Il quadro proposto è semplice e falso: Israele sarebbe il principale ostacolo alla pace, incapace di arrendersi alla coesistenza. I palestinesi, invece, sarebbero pronti da tempo, e ora anche intenzionati a disarmare Hamas. L’ennesima narrazione rovesciata, servita senza che il giornalista provi nemmeno a correggerla.
Mustafa parla di due Stati. Ma l’educazione palestinese parla di annientamento.
Ancora oggi, i programmi scolastici dell’ANP glorificano il martirio e la “liberazione della Palestina dal fiume al mare”.
È attivo il sistema “pay-for-slay”, che premia chi uccide israeliani.
Chi è stato educato per decenni all’odio non può essere presentato come pronto alla convivenza solo perché, come dice Mustafa, “per il futuro della nostra regione non c’è altra strada se non il dialogo e la coesistenza”.
Mustafa propone di integrare Hamas nell’OLP, se solo rinunciasse alla violenza.
Ma Hamas non è un partito come gli altri: è un gruppo terrorista che stupra donne, uomini e bambini, sequestra e uccide ebrei e palestinesi, perseguita i gay, e ha instaurato un regime di terrore a Gaza, massacrando anche membri dell’ANP. La sua Carta, ancora valida, invoca la distruzione di Israele come missione religiosa. Pensare che basti, come dice Mustafa, che “Hamas accetti i principi dell’Olp” per cambiarne la natura è una tragica illusione.
E poi c’è il Papa. Mustafa accredita l’idea che Papa Francesco abbia “costruito un ecosistema di supporto alla Palestina”. Nessuna domanda per sapere se quell’ecosistema libera Gaza da Hamas e libera Israele dalla minaccia terroristica.
Francesca Caferri non si limita ad accompagnare: si mette al servizio.
L’intervista non è un confronto, ma un megafono. Nessuna domanda sui 59 ostaggi ancora sotto i tunnel di Gaza. Nessuna domanda sullo storico rifiuto dei piani di pace da parte dell’ANP. Nessuna evoca il terrorismo come ostacolo alla convivenza. Nessuna menzione dell’educazione all’odio o del sistema di pagamenti ai terroristi da parte dell’Iran e del Qatar. Anzi, le domande sono costruite per suggerire l’immagine desiderata, come: “Il Papa chiedeva pace: ma per fare la pace bisogna essere in due” o: “Hamas non scomparirà, siete pronti a lavorare con loro?”.
Così si finisce, consapevolmente, per diventare non osservatori della realtà, ma militanti della propaganda.
Il conflitto israelo-palestinese non esiste perché Israele rifiuta la convivenza.
Esiste perché la leadership palestinese rifiuta l’esistenza di Israele. Se si vuole porre fine alla guerra bisogna mettere ANP davanti alle proprie responsabilità.