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PERCHÉ ISRAELE DEVE VINCERE

PERCHÉ ISRAELE

DEVE VINCERE

Nicoletta Tiliacos

“Questo libro è un diario perché la memoria sia subito appuntata prima di essere esorcizzata, ma anche un invito a difenderci, a difendervi”. Suonano più che mai potenti e attuali le parole scritte da Fiamma Nirenstein nell’introduzione al suo libro “7 ottobre 2023. Israele brucia” (Giubilei Regnani editore), presentato il 3 luglio scorso a Roma, nella sala di Santa Maria in Aquiro, al Senato, in un incontro organizzato dal presidente della Commissione Politiche dell’Unione Europea di Palazzo Madama, Giuliomaria Terzi di Sant’Agata e moderato da Matteo Angioli, segretario del Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”. 

A dialogare con l’autrice, che nel frattempo è diventata consigliera speciale per la lotta contro l’antisemitismo per il Ministero degli Esteri israeliano, c’erano tre ex ambasciatori in Israele (oltre allo stesso Terzi di Sant’Agata, Luigi Mattiolo e Francesco Maria Talò), tre direttori di testate giornalistiche (Mario Sechi di Libero, Paolo Liguori di Tgcom24, Giovanna Reanda di Radio Radicale), e il presidente dell’Associazione Setteottobre, Stefano Parisi.

Dall’attacco feroce sferrato da Hamas contro Israele sono passati nove mesi. Nove mesi di guerra sul campo, nove mesi di ansia per gli ostaggi tuttora in mano ai terroristi, nove mesi di combattimenti anche su un altro fondamentale fronte, quello mediatico e politico, mai così strettamente connessi. La necessità e la difficoltà di raccontare la verità su Israele, l’esigenza di smontare il muro di odio antisemita che vediamo innalzarsi al di là di ogni decenza nelle nostre società occidentali, nel dibattito pubblico, nelle università, nelle piazze, nell’informazione, e soprattutto il dovere di aiutare Israele e difendersi e a difenderci – per tornare all’esortazione iniziale di Fiamma Nirenstein – sono stati i fili conduttori di un confronto molto appassionato, che è possibile riascoltare sul sito di Radio Radicale.

Si è parlato di nuovi strumenti di lotta globale all’antisemitismo (Terzi di Sant’Agata); dei rischi mortali che corre l’Occidente accettando l’isolamento di Israele (Sechi); degli immensi danni della dottrina Obama e della necessità che Israele vinca la guerra, per sé e per tutto il mondo libero (Liguori); del veleno della cultura woke, che rovescia la realtà trasformando Israele nel paese del suprematismo bianco, colonialista e razzista (Mattiolo); dell’odio dell’Occidente per sé stesso e dell’attuale incapacità della politica di riconoscere senza ambiguità il diritto di Israele a difendersi (Parisi); dell’importanza del pannelliano “diritto alla conoscenza” e degli errori di Israele nella strategia della comunicazione dopo il 7 ottobre (Reanda); dei segnali ignorati di una tragedia annunciata e di cosa può significare, oggi, l’idea di una pacificazione (Talò). 

Riallacciandosi a quest’ultimo punto, nel suo intervento finale Fiamma Nirenstein ha voluto rimarcare il peso di quella che, secondo lei, è stata la menzogna fondamentale che ha trovato il suo degno coronamento nel pogrom del 7 ottobre, ovvero l’idea di una pacificazione possibile che ignorasse i reali intenti di Hamas e dei suoi alleati. Quale pace può essere possibile, con l’Iran che dichiara ormai apertamente di volere l’obliterazione di Israele? Quale pace si può concludere con Hamas e con Hezbollah? Dopo duecentosettanta giorni durissimi, dice Fiamma Nirenstein, a essere chiaro è che la pace si otterrà solo combattendo: “Mi rendo conto di dire cose terribilmente difficili, che vengono sovrastate dallo spirito del tempo. Ma Israele deve essere sostenuta nella sua guerra, tutto il resto viene dopo”.