SE NON ORA, QUANDO?
Nicoletta Tiliacos
La speranza è l’ultima a morire, e abbiamo ingenuamente sperato che due recenti ed eloquenti episodi, avvenuti nei giorni scorsi, inducessero certe femministe a corrente alternata (le transfemministe di Non Una Di Meno, per esempio, che si dichiarano in prima linea contro la “violenza del patriarcato”) a manifestare almeno un piccolo brivido di riprovazione per quello che, con ogni evidenza, l’islam radicale ha in serbo per donne, una volta acquisito potere e possibilità di dettare le regole.
Ci riferiamo alla diffusione, voluta dalle famiglie degli ostaggi, del terribile video girato dai terroristi di Hamas la mattina del 7 ottobre 2023, in cui si vedono alcune giovani soldatesse israeliane sanguinanti, umiliate, legate, insultate, picchiate da un folto gruppo di miliziani, ben orgogliosi di mostrare con quanto disprezzo e violenza trattano i “cani sionisti”, soprattutto quando sono donne. E ci riferiamo al sermone-comizio dell’imam Brahim Baya nella sede di palazzo Nuovo dell’Università di Torino, con lo spazio pubblico dell’ateneo incredibilmente trasformato in moschea, compresa la separazione tra maschi e femmine garantitada un’improvvisata rete da pollaio, e con tanto di sermone che invita alla Jihad e alla lotta contro Israele.
La speranza è l’ultima a morire, dicevamo, ma le pseudo-femministe sono davvero senza speranza. Lo ha ben sottolineato Paola Concia, la prima ad accorgersi della rete che divideva maschi e femmine di fronte all’imam nelle foto scattate a Torino. “Pensando a questa e a tutte le cose successe in questi mesi, non posso non ripetere – ha detto Paola Concia – una domanda urgente, che più volte ho fatto, e che continua a rimanere senza risposta: come si fa a dirsi femministe non pronunciando mai una parola di dissenso contro la peggiore violenza patriarcale, come si fa a parlare di violenza contro le donne stendendo un velo di silenzio sulle donne stuprate da Hamas, come si fa a dirsi solidali con i palestinesi senza dire una parola su quello che le donne palestinesi subiscono? Se ci si proclama dalla parte delle donne, bisogna ricordarsi innanzi tutto di quelle che vengono segregate, di quelle che vengono stuprate, di quelle che si ribellano come in Iran, di quelle che in Italia vengono cacciate dai cortei perché ebree. Di quelle che a Londra, come è successo in questi giorni, vengono aggredite dai pasdaran mentre manifestano contro una commemorazione del defunto presidente iraniano, responsabile di condanne a morte per le ribelli iraniane. E invece nei confronti di queste brutali forme di patriarcato assistiamo solo a silenzi compiacenti quando non ad aperto sostegno”. Applausi.