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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Gianfranco Fabi

SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Gianfranco Fabi

È indubbio che dopo il 7 ottobre vi è stata una crescente ostilità nei confronti di Israele e nel contempo un palese sostegno ai palestinesi senza peraltro particolare distinzione tra la popolazione di Gaza e i terroristi di Hamas.

Una dinamica politica e sociale che ha radici lontane, radici che hanno fortemente condizionato un’informazione che è spesso diventata disinformazione basata sulle fake news e sulla lettura parziale e condizionata della realtà.

Ci sono quattro elementi che possono spiegare, ma non certo giustificare, gli atteggiamenti che sono molto diffusi nei giudizi politici e sociali e in particolar modo nel giudicare la realtà mediorientale e in particolare Israele.

Il primo elemento è la tentazione perenne del manicheismo. La realtà non solo si divide tra bene e male, ma tutto il bene da una parte e tutto il male dall’altra. C’è una tendenza a contrapporre in modo rigido e dogmatico princìpi, atteggiamenti o posizioni ritenuti inconciliabili, come fossero opposte espressioni di bene e male, di vero e falso, di luce e tenebre. In particolare, la società italiana è stata e continua a essere contrassegnata dalla contrapposizione. Ne è prova, su fronti diversi, quel richiamo di fondo alla lotta di classe, al conflitto tra padroni e lavoratori, un conflitto che nel mondo sindacale ha praticamente bloccato l’attuazione del dettato costituzionale sulla partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese.  

Il secondo è il conformismo, la volontà di seguire l’onda dei pensieri vaganti e degli slogan avvincenti. Un conformismo che nasce e si sviluppa attorno all’insoddisfazione personale e alla protesta sociale.

Il terzo elemento, forse il più importante e drammaticamente pericoloso, è l’antisemitismo che continua, più o meno esplicitamente, a condizionare i giudizi e la partecipazione politica. Un antisemitismo che ha radici lontane, che percorre e si diffonde nella società nelle sue percezioni sotterranee per poi venire alla luce in momenti particolari, in maniera dirompente, come con le leggi razziali, o in maniera più subdola nei sentimenti nascosti. Un atteggiamento di ostilità verso gli ebrei che la scuola non è (quasi) mai riuscita ad estirpare.

Un quarto elemento è il complesso di superiorità/inferiorità nei confronti di Israele. Un paese democratico, moderno, innovativo che è riuscito a far fiorire i deserti e a respingere gli attacchi che da ottant’anni ne mettono in pericolo la sopravvivenza. Un paese la cui classe politica ha sicuramente compiuto tanti errori, ma che prima del 7 ottobre sembrava comunque incamminato verso una possibile coesistenza pacifica con i paesi arabi.  


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