SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS
Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.
Guido Ottolenghi
Fino al 7 ottobre 2023 la maggioranza degli israeliani è sempre stata a favore di un accordo di pace coi palestinesi che desse ragionevole sicurezza e speranza di convivenza. I capi arabi e palestinesi invece hanno sempre espresso una posizione massimalista che, non riconoscendo a Israele nemmeno il diritto a esistere, confidava che la demografia, la violenza e la storia portassero, sia pure attraverso sofferenze anche dei palestinesi, alla espulsione degli ebrei. Ciò ha più di ogni altra cosa causato lutti ai palestinesi e impedito concreti percorsi di pace, malgrado i molti tentativi. Non tutti gli israeliani sono buoni. Non tutti i palestinesi condividono la scelta massimalista di chi li comanda, e per di più non hanno un sistema democratico di scelta, né una stampa libera, e le voci più moderate sono quasi sempre state scoraggiate o silenziate (mediante uccisone) dalle fazioni palestinesi più aggressive. Il 7 ottobre ha cambiato la percezione anche degli israeliani, e ora la maggioranza di essi ritiene che, pur preservando umanità e principi, la pace e la sicurezza bisogna farsela da soli, se i palestinesi proprio non vogliono partecipare a farla. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per dibattere se gli arabi hanno un diritto storico alla terra degli ebrei, o se gli ebrei hanno un diritto storico alla terra che gli arabi rivendicano: tutto il mondo è pieno di queste rivendicazioni, alcune sono state risolte con scambi di popolazione, altre con prolungati conflitti, sono storie dolorose e ricche di insegnamenti, ma qualunque cosa ciascuno di noi pensi sui “diritti storici” è bene avere a mente che 9 milioni di israeliani, con città, industrie, strade, ferrovie, sogni e ricordi non se ne andranno, perciò il massimalismo palestinese è il più temibile avversario dei palestinesi. Gli eventi di questi mesi ci hanno mostrato che in molti luoghi essi hanno sviluppato una società militarizzata, con indottrinamento nazista fin dall’infanzia, testi razzisti, culto della morte e del suicidio, odio per la libertà, la diversità, la conoscenza. La scoperta del radicamento di questi valori oscuri, per altro mai tenuti segreti da nessuna delle fazioni palestinesi, ha molto scosso la società israeliana.
Non così in occidente, dove valori che difendiamo alacremente anche ai confini dello spettro sociale, per moltissime persone si sono rivelati improvvisamente sacrificabili se in cambio si potevano attaccare gli ebrei, e inserire Israele nella categorie del colonialismo da smantellare. La adesione a queste tesi da parte di partiti di massa, di movimenti sindacali, di autorevoli pensatori, di personalità religiose pronte a sacrificare secoli o millenni di idee e principi ad una versione di islamismo che non piace nemmeno a molti musulmani è stata la dolorosa delusione che non ci aspettavamo più dopo la vittoria sul nazifascismo. Una parte troppo grande della cultura occidentale si mostra oggi debole, ignara dei valori universali che ha prodotto attraverso secoli di lotte e sofferenze, e incapace di vedere il pericolo che viene dal sostenere il massimalismo palestinese e il piano di dominio dell’Iran, abbandonando Israele, che è insieme il cuore pulsante e l’avamposto di quei valori. Chi sfila gridando che vuole liberare la Palestina (immagino dagli ebrei, non dai palestinesi) dal fiume al mare, chi addobba palazzi privati, o peggio pubblici, di bandiere dell’aggressore palestinese non tradisce solo (e non è poco) la storia della democrazia e della libertà nel mondo, ma tradisce anche i palestinesi, insieme al più elementare principio di coerenza: se si pensa che i palestinesi facciano bene a distruggere Israele, bisogna almeno accettare che prima di farsi uccidere o buttare in mare gli israeliani si difendano con ogni mezzo. Se invece si pensa che i palestinesi debbano trovare la pace senza far fuori il vicino di casa, ogni persona sincera dovrebbe rivolgere più seri sforzi a non proteggere e perpetuare una classe dirigente palestinese, che coperta d’oro anche dall’occidente, e organizzata in clan mafiosi, preferisce la sofferenza del suo popolo a qualunque soluzione che li priverebbe dell’attenzione e dei soldi che oggi ricevono. La violenza e la mancanza di soluzioni per quel conflitto si nutrono del sostegno dei paesi ricchi al massimalismo palestinese, togliendo ossigeno ad ogni altra voce che pure esiste nel mondo arabo, e spingendo anche Israele, dopo 80 anni di tentativi di pace, a cercare altri modelli di sicurezza. Propal: sei tu il peggiore e il più arrogante nemico dei palestinesi!”
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