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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Henry Shohet

SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Henry Shohet


Qualche considerazione di un cittadino europeo che è diventato israeliano con uno dei quattro figli che ha deciso di arruolarsi da soldato volontario in Israele dopo essersi laureata in astrofisica a UCLA:


Il sette ottobre mi trovavo a Herzliya e seguivo gli eventi dalla televisione israeliana con stupore e crescente preoccupazione: quell’ossessivo “40 morti” al quale ci si è aggrappati fino alle 18, poi cresciuti in serata a 100 e poi a 250. Già in mattinata, il messaggio di un amico, che era stato autorizzato dall’esercito a passare quel weekend con la moto attraverso il corridoio di Filadelfia per fare un weekend di mare a sud di Gaza (sic!): i morti sono tanti e che non potranno nasconderlo. Tra loro anche due figli di amici.
Il volto sconvolto di Netanyahu alle 11:30 annuncia che è guerra, ma che guerra?
Quel giorno ha sconvolto per sempre la certezza degli israeliani nella forza del nostro esercita della sicurezza di essere protetti all’interno di Israele.
In Europa, in Inghilterra, in Francia, in Belgio, i cortei con migliaia di ‘militanti’ (così definiti dalla BBC) che sfilano gridando morte agli ebrei nelle settimane successive sono stati un trauma, hanno infranto tutte le certezze di due generazioni di cittadini ebrei, di entrambe le comunità, sia israeliani che ebrei della diaspora.
Il reset definitivo è ancora in atto. Dipenderà anche da come finirà la guerra. Tutte le guerre finiscono.
Mia figlia che ha subito il suo trauma tre anni fa a Los Angeles, per violenti attacchi di antisemitismo, il reset l’ha già fatto. Si è arruolata e dopo l’esercito rimarrà a vivere in Israele. Fa parte di una generazione di ragazzi incredibili a cui si può già consegnare le chiavi del paese. Hanno capito tutto prima di noi che abbiamo ancora i nostri retaggi.


L’altra considerazione che farei è che ormai nessuno sente più il bisogno di nascondere il proprio antisemitismo (anzi!), l’idea è diventata parola- Ho scoperto con estremo rammarico che qualche amico di una vita lo è sempre stato. 
Ma molto più numerose sono state le espressioni di solidarietà di amici e di conoscenti anche dal lontano passato che ha hanno scritto e chiamato per esprimere solidarietà. Persino parole commoventi da perfetti sconosciuti, tassisti, medici, viaggiatori in treno che mi hanno detto quanto erano felici di poter dire a un ebreo che sono dalla nostra parte, che non credono alla televisione, che non simpatizzano con i cortei 
Ma l’antisemitismo non è il problema secondo me. È solo il canarino nella miniera come dicono gli inglesi. È il segnale che è in corso un attacco alla nostra Libertà, alla democrazia, al nostro modo di vita, alla nostra civiltà.
Questo ci ha fatto capire il nostro sette ottobre, da subito.
Avanti tutta, perché siamo noi la maggioranza, se non ci lasciamo intimorire.


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