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ISRAELE: DIECI BUGIE PER DIECI GIORNI #4

ISRAELE: DIECI BUGIE PER DIECI GIORNI #4

Nicoletta Tiliacos

Dopo il 7 ottobre 2023, di fronte all’ondata di antisemitismo che percorre le società occidentali e contagia le giovani generazioni, è sempre più necessario smontare le menzogne sullo Stato ebraico, tese a negarne lo stesso diritto all’esistenza. Nel pamphlet intitolato “Le dieci bugie su Israele”, la giornalista e scrittrice Fiamma Nirenstein analizza i più deleteri luoghi comuni dell’odio antiebraico e antisraeliano, confutandoli uno per uno e smascherando le manipolazioni della realtà su cui si fondano. 
Setteottobre ringrazia l’autrice, che ha accettato di mettere a disposizione del nostro sito questo suo prezioso lavoro, e la Federazione delle Associazioni Italia-Israele, che nell’aprile 2024 ne ha pubblicato e diffuso gratuitamente la versione cartacea.

È possibile scaricare gratuitamente il libro di Fiamma Nirenstein nella versione completa sul sito della Federazione delle Associazioni Italia Israele.

Bugia n. 4: L’accusa del sangue

Fiamma Nirenstein

Dopo le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre del 2023, l’attacco antisemita contro il popolo ebraico, identificato stavolta soprattutto con Israele, ha preso dimensioni mai viste dai tempi della Shoah, da New York a Milano. L’incontro della cultura dell’estrema sinistra e “woke” con la nuova immigrazione islamista ha creato un’identificazione fra odio antioccidentale- terzomondista e odio antisraeliano. Un lungo elenco di falsità ha guidato l’aggressività di folle che nelle piazze di tutto l’Occidente hanno chiesto la sparizione di Israele dalle mappe, accusandolo di genocidio, occupazione, apartheid, crimini di guerra: in una parola, di essere diventato come la Germania nazista. Gli attacchi sordi e ciechi, carichi di un biasimo letale, sono ormai un’abitudine. Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, a due giorni dall’aggressione di Hamas ha accusato Israele di aver in qualche modo causato la carneficina con “75 anni” di oppressione dei palestinesi. Nel giugno 2016, al Parlamento Europeo, Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, ottenne una standing ovation con un discorso in cui rinnovava la tradizionale “accusa del sangue”, già dal medioevo causa di pogrom e di sanguinose persecuzioni, proclamando davanti ai parlamentari europei che alcuni rabbini avevano suggerito agli israeliani di avvelenare le acque palestinesi. Oggi viene applaudito chiunque in piazza o nelle Università accusi l’esercito israeliano di crudeli, inconsulte, persino volute stragi di donne e bambini, senza minimamente cercare di capire quello che gli analisti più seri spiegano ogni giorno: a Gaza l’esercito ha solo cercato di porre fine, in una guerra di necessità provocata dal terrore di Hamas, al potere della ignobile organizzazione terrorista che domina Gaza e che da decenni attacca i civili israeliani con migliaia di missili e di attentati terroristici, e che dopo aver ucciso 1400 persone ha costretto 200mila civili a lasciare le loro case e il loro lavoro; la guerra a Gaza è caratterizzata dall’uso sistematico della popolazione e delle strutture civili come scudi umani da parte di Hamas; le scuole, le moschee, gli ospedali, collegati a una pazzesca rete di gallerie sotterranee che per centinaia di chilometri proteggono i lanciamissili, le armi, gli uomini di Hamas e nascondono i poveri ostaggi israeliani, sono tutti stati arruolati e incorporati in una società nazificata, compattamente terrorista, che sia complice o che agisca suo malgrado. Quando si usa il “blood libel”, l’accusa del sangue, nei confronti di Israele, non si fa che ripercorrere un vecchio, terribile cammino. Anche se a volte si è costretti a ricredersi pubblicamente: rispondendo alle sdegnate reazioni di Israele riguardo la diffusione delle menzogne sull’acqua palestinese avvelenata, lo staff di Abu Mazen rilasciò una nota di smentita che affermava: «Essendosi rivelato evidente che le presunte dichiarazioni da parte di un rabbino sull’avvelenamento di pozzi palestinesi sono in realtà prive di fondamento, il presidente Mahmoud Abbas ha affermato che non aveva alcuna intenzione di danneggiare l’ebraismo o di offendere gli ebrei». Ma sappiamo tutti che la ritrattazione di un’accusa ha sempre un effetto minimo di fronte all’accusa originale, che continua tranquillamente a circolare. Come nel caso della BBC, che per due volte ha dovuto ritrattare le sue accuse contro Israele per aver bombardato l’ospedale Al-Ahli a Gaza (in realtà il missile responsabile dell’esplosione era di Hamas stesso) e per avere deliberatamente “preso di mira” i malati e il personale dell’ospedale: «In realtà – ha corretto la BBC, riferendosi all’esercito israeliano – stava collaborando col personale medico e i pazienti». Ma intanto le nuove leggende nere fanno la loro strada.

La stampa ha avuto un ruolo esplosivo nel costruire un’idea completamente sbagliata di Israele. Sulla base di un reportage francese, tutti i giornali e le tv del mondo raccontarono che nel 2002 a Jenin c’era stata una strage simile a quella di Srebrenica, e diffusero il manifesto su cui Arafat lanciò l’Intifada, secondo cui il bambino Mohammed Al Dura era stato sicuramente e con malvagità ucciso dagli israeliani nel 2000, cosa che poi diverse fonti di indagine non israeliane hanno dichiarato falsa. Sono state inventate storie di crudeltà efferate degli abitanti degli insediamenti, tese a rappresentarli come una banda di pazzi razzisti. Ma in realtà, di queste 400mila persone, soltanto una parte molto piccola e perseguita dalla legge israeliana ha compiuto crimini, ricevendo fino al massimo delle pene prescritte, l’ergastolo, quando si è trattato di sanzionare un omicidio.

Il nuovo antisemitismo israelofobico è diventato una bandiera, consapevole o inconsapevole, di tutte le grandi istituzioni internazionali. L’Unione Europea, le Nazioni Unite e il Consiglio per i Diritti Umani di stanza a Ginevra dedicano a Israele ogni anno almeno un terzo delle loro risoluzioni di condanna, invece che alla Siria, all’Iran, alla Cina, all’Eritrea… C’è poi l’UNESCO che, come abbiamo già accennato, ha di recente stabilito che la Spianata delle Moschee, con Gerusalemme intera, appartiene solo alla tradizione islamica, cancellando con un colpo di spugna il retaggio ebraico comprovato da mille testimonianze storiche. Tutte queste organizzazioni sono membri del club che ha fatto della continua criminalizzazione e della delegittimazione di Israele la propria missione, che allontana sempre di più ogni possibilità di pace e che oggi, con la richiesta di cessate il fuoco, vuole di fatto garantire la sopravvivenza di Hamas.


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