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LETTERA APERTA AL PAPA

LETTERA APERTA AL PAPA

Sessantatré anni dalla dichiarazione ‘Nostra Aetate’ di papa Giovanni XXIII che ritrattava l’accusa di deicidio che per secoli ha perseguitato il popolo ebraico; sessant’anni dalla prima visita di un pontefice, Paolo VI, nello Stato di Israele; trentotto anni dall’ingresso per la prima volta di un papa, Giovanni Paolo II, nel Tempio Maggiore di Roma, occasione durante la quale si rivolse agli ebrei come a “fratelli maggiori”, siamo certi di interpretare una forte e coerente volontà della Chiesa cattolica nel condannare ogni forma di antisemitismo secondo quanto fu inaugurato dal Concilio Vaticano II.  

Ancora di recente, nel febbraio 2024, papa Francesco Jorge Mario Bergoglio scrivendo “ai fratelli e alle sorelle ebrei di Israele” ha dichiarato di rifiutare ogni forma di antigiudaismo e di antisemitismo e bollato l’ostilità antiebraica come un “peccato contro Dio”. In molti hanno percepito in tale iniziativa una forza rigeneratrice dei rapporti tra i fedeli delle due religioni e un esempio di sincera quanto profonda vicinanza con il popolo di Israele. Né dimentichiamo il gesto di alto valore simbolico che proprio papa Francesco volle compiere nel 2014 deponendo, primo nella storia più recente del papato, una corona di fiori sulla tomba di Theodor Herzl a Gerusalemme.  

Alla luce del risorgere impetuoso e devastante degli atti di antisemitismo che da oltre un anno sono tornati a macchiare il continente europeo

auspichiamo che papa Francesco Jorge Mario Bergoglio voglia completare il cammino intrapreso dai suoi predecessori comminando la pena della scomunica all’antigiudaismo e all’antisemitismo

ritenendolo un passo necessario e simile a quello compiuto un decennio orsono sulla piana Sibari in Calabria quando escluse dalla comunità dei fedeli i mafiosi e affermò in modo perentorio che per loro “non c’è posto nella Chiesa”. Papa Francesco perfezionò in modo potente quanto fecero i suoi predecessori: papa Wojtyla che, dopo gli assassinii di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tuonò nella Valle dei Templi il comando: “convertitevi!” agli uomini di mafia e papa Benedetto XVI che nel 2010 dichiarò in modo inequivocabile la totale incompatibilità tra mafia e Vangelo.