LA FACCIA PEGGIORE DI MILANO
Ilaria Borletti Buitoni
10.000 persone, ma alcuni media parlano addirittura di 50.000 in quel solito e ormai stantio balletto di numeri che caratterizza il nostro paese, hanno partecipato due giorni fa ad una manifestazione propal a Milano che avrebbe dovuto, secondo gli organizzatori, ancora una volta accendere i riflettori sulla tragedia di Gaza.
Purtroppo, quello che sembrava essere un raduno pacifico si è rapidamente tramutato in una protesta che di pacifico aveva poco. Scontri con la polizia, vetrine rotte, invettive contro la presidente del consiglio, volti coperti e la solita coreografia che si è ripetuta altre volte e in altre città.
Quello che sta succedendo a Gaza è l’ennesimo capitolo di una tragedia costata troppe vite e della quale, per ora, non si vede la fine: non la si vede perché i terroristi di Hamas rifiutano di restituire gli ostaggi vivi e morti, non la si vede perché l’uso di civili come scudi umani e di obbiettivi sensibili come scuole o ospedali come copertura alle proprie attività belliche, non cessa di essere una tecnica di guerra consolidata e per quello che riguarda molti media occidentali non condannabile, alla quale l’IDF risponde con azioni militari che colpiscono non solo i terroristi e le loro basi ma anche la popolazione martire causando vittime innocenti.
La protesta in Israele sta salendo prima di tutto per gli ostaggi ma anche nella speranza di una fine al conflitto. Nonostante queste laceranti divisioni ciò che unisce tutti gli israeliani è la convinzione che non ci sarà mai sicurezza dentro i propri confini finché organizzazioni come Hamas, come gli Houthi o eserciti come Hezbollah insieme in nome di una guerra santa per l’eliminazione degli ebrei in Medio Oriente, avranno voce, mezzi e sostegno palese da parte di Stati come il Qatar o l’Iran e persino la Turchia e quello più ambiguo di altri come l’Egitto o la Giordania che si propongono come mediatori senza in realtà farsi carico di un realistico percorso che porti ad un cessate il fuoco.
Si vorrebbe che finalmente in una manifestazioni venisse riconosciuto il diritto di Israele di esistere in sicurezza oltre che a quello della Palestina di essere Stato liberandosi non solo dell’occupazione militare di Israele ma di quella ben più antica di Hamas che ha lì il suo indiscusso regno dal 2007 e che finalmente venisse riconosciuta la vera natura di Hamas , non espressione legittima della resistenza palestinese, ma solo braccio armato dell’Iran e la responsabilità delle organizzazioni terroristiche islamiche nel martirio della popolazione civile di Gaza.
Una città le cui istituzioni hanno negato anche per sole 24 ore l’illuminazione delle sedi istituzionali per ricordare la famiglia Bibas ma che autorizza manifestazioni che non sono solo per la fine del conflitto ma anche per legittimare l’incitamento alla violenza contro Israele, contro gli ebrei, contro chiunque voglia ricordare la complessità legata alla storia di quell’ area del mondo, una città le cui istituzioni non intervengono per fermare le bandiere di Hamas che sventolano orgogliosamente mentre quelle israeliane vengono bruciate è una città che non parla di pace.
Peraltro proprio in questi giorni nel quale si susseguono i massacri da parte dell’esercito russo contro la popolazione civile ucraina nel silenzio dei finti pacifisti italiani, proprio da questa città ci si aspetterebbe una risposta della società civile in sostegno della popolazione Ucraina. Allora emergerebbe la vera faccia di Milano, quella per la pace ma non per la resa, quella che vuole fine del conflitto a Gaza e un futuro per i suoi disperati abitanti ma non la cancellazione dello stato di Israele dalle mappe del medio Oriente.