A GAZA FAKE ANCHE SULL’EPIDEMIA
Luisa Ciuni
Nei mesi scorsi, l’Oms (Organizzazione mondiale per la sanità) ha avviato a Gaza una delle campagne antipolio più serrate degli ultimi anni. Secondo i suoi report c’era il rischio di un’epidemia e non si è giustamente badato a spese e mezzi. Oggi i numeri parlano chiaro: il 94% dei 591.714 bambini di Gaza di età minore di dieci anni è stato vaccinato contro la poliomielite con due dosi. Ben 448.425 di loro inoltre ha avuto somministrata la vitamina A.
Lo mette nero su bianco un comunicato rilasciato nei giorni scorsi che, tuttavia, non racconta il motivo di questa operazione di altissimo livello e non riesce a celare un certo malcontento.
Ma andiamo per gradi, partiamo dal successo delle somministrazioni.
Il numero dei vaccinati, il 94% del totale, renderebbe fiero qualsiasi operatore sanitario italiano costretto a combattere con gli antivaccinisti ogni giorno.
L’Oms e l’Unicef – unitasi alla campagna – evidentemente abituate meglio non riescono invece a essere del tutto soddisfatte. Lo scritto non può nascondere il risultato più che lusinghiero, realizzato nonostante la difficoltà di operare in una zona di guerra ma deve trovare anche il modo di denigrare in qualche modo Israele. E infatti, lamentano le due organizzazioni internazionali, nel Nord della Striscia la copertura vaccinale si è fermata all’88% degli aventi diritto perché agli operatori è stato vietato l’accesso.
Tuttavia, prosegue il documento cerchiobottista che non può negare il successo del proprio ruolo e lavoro ma neanche contraddire la linea politica dell’Onu, gli sforzi continueranno per rafforzare la sorveglianza sanitaria.
E ne siamo grati, ci mancherebbe altro, anche se, andando a guardare più da vicino si scopre qualcosa di interessante su questa quasi epidemia, qualcosa che nel documento non compare e che sembra strano che Oms e Unicef non conoscessero.
I fatti. Il 16 luglio 2024 il ministero della Salute di Gaza rivela di avere trovato tracce del virus della polio in sei diversi campioni d’acqua raccolti in giugno a Khan Younis e a Dier al-Balah. Hamas afferma che Gaza era polio-free da 25 anni e attribuisce la colpa del ritorno del virus a Israele che ha distrutto infrastrutture ed ospedali. In conseguenza, chiede l’immediato cessate il fuoco.
La dichiarazione viene riportata acriticamente come esempio dell’ulteriore devastazione della guerra.
Intanto il rischio epidemico appare grosso e non è certo il momento di discutere. I campioni vengono subito spediti in Giordania dove il dottor Hamid Jafari, direttore del programma dell’eradicazione della Polio nell’Est del Mediterraneo, spiega che il rischio è che il contagio divampi diffondendosi nei paesi limitrofi: Giordania, Egitto, ovviamente Israele, ipotesi tutt’altro che peregrina come abbiamo visto di recente col covid. Parte la campagna di vaccinazione mentre purtroppo si conta una prima piccola vittima che per fortuna sopravviverà.
Però la macchina della scienza, una volta messa in moto, è difficile da fermare. I virologhi fanno sapere che il virus che circola non è l’originale ma quello contenuto in un vecchio vaccino non più in uso in molti paesi e che viene espulso con le feci inquinando quindi le fogne. È meno pericoloso del virus primario ma in un soggetto fragile può essere contagioso. Da quanto è nelle acque reflue? Gli immunologhi scrutano le tabelle. E scoprono che in Egitto circola dal secondo semestre del ’23 e a Gaza dal settembre del ’23, cioè da prima del pogrom del 7 Ottobre e della guerra. Il ministero della Salute di Hamas non poteva non saperlo. E l’Oms?
Hamas ha deliberatamente usato l’informazione per farsi un’ulteriore propaganda e gettare discredito su Israele, guadagnandoci anche un’ottima campagna vaccinale
Quello che stupisce, invece, è che nessuno abbia scritto la vera storia di questa quasi-epidemia. E dire che i dati sono pubblici.