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LA GUERRA DEI NUMERI

LA GUERRA DEI NUMERI

Luisa Ciuni

Come arrivano i numeri da Gaza? Quali sono le fonti che li rendono noti? Quanto sono verificati?

Il problema della quantificazione delle vittime si presenta ogni volta in cui accade una tragedia come il crollo di un palazzo o un disastro naturale, ad esempio la recente alluvione di Valencia. Perché sapere quanti sono i morti è estremamente difficile. È brutto dirlo ma noi giornalisti, generalmente, andiamo a spanne, specie nei primi momenti. L’esempio più recente ci viene proprio da Valencia. Prima notizia: 50 morti, nei giorni seguenti il numero è salito in modo notevole. Non si poteva immaginare.

Se ci si sbaglia, si dice: 48 ore dopo la disgrazia, un eclatante lancio di agenzia, urlava il caso del garage che – così sembrava – nascondeva sott’acqua almeno 1000 defunti. Un’ecatombe. Disperazione, commozione, titoli di scatola. La vicenda, però, si sgonfia a stretto giro di posta: si viene a sapere che, per fortuna, nelle auto parcheggiate nella struttura, non è rimasto intrappolato nessuno. Smentita totale. 

Purtroppo, iI numero di deceduti e dispersi della Spagna sarà chiaro fra molto tempo: solo quando tutti i nomi denunciati dai parenti saranno verificati, i dispersi (per ora solo dichiarati tali) saranno passati nell’elenco dei deceduti o in quello dei ritrovati. E i feriti – morti successivamente in ospedale o a casa – saranno sommati ai morti. Ci possono volere mesi e va detto che molte salme non si troveranno mai più. Questo accade ogni volta, quindi anche a Gaza: una dramma nel dramma.

In più se teniamo presente che Valencia è in un paese in pace, dove nulla ostacola o complica il rapporto fra stampa e soccorritori, si ha l’idea delle difficoltà che si incontrano nel raccontare ogni giorno catastrofi, disgrazie e anche guerre. 

In conseguenza, appaiono quanto meno controverse le agenzie che giungono puntualmente da Gaza. Date le difficoltà, com’è possibile che ogni giorno arrivino cifre date per assolutamente certe che vengono poi riprese e diffuse dai media di tutto il mondo? Testi definitivi, assoluti, inconfutabili anche se provenienti da zone dove le verifiche sono di certo ben più complesse che in Spagna.

Intendiamoci: nessuno vuole insinuare che non sia in atto una guerra in cui i gazawi soffrono terribilmente, muoiono da un anno e continuano a morire, nessuno nega che esista una tragedia umanitaria di gravissime proporzioni. Il negazionismo non è la cifra di chi ama Israele. Semplicemente si afferma che il materiale che arriva è, come minimo, non controllato da fonti imparziali e terze e questo è dannosissimo per una corretta informazione.

La diffusione delle notizie è lasciata alle agenzie locali, nessun giornalista è in grado di controllare se i numeri che gli arrivano sul tavolo sono di più o di meno di quelli che legge. 

Inoltre, Israele non comunica. La stampa occidentale non è quasi mai sul territorio e dipende dai corrispondenti locali. In tanta incertezza ne consegue che, paradossalmente, morti e feriti potrebbero essere di più ma di certo il tenore dei take non ammette repliche. Vediamone alcuni.

«Più di 55 persone sono state martirizzate e decine di feriti sono sotto le macerie di un edificio residenziale di 5 piani appartenente alla famiglia Abu Nasr che è stato colpito dall’occupazione israeliana la scorsa notte a BeitLahia»

La fonte è la Protezione civile di Gaza, cioè, appartiene a uno dei belligeranti, andrebbe come minimo rivista anche se è chiaro che un controllo incrociato non è possibile.  

Il tono è enfatico. Poi perché «più di 55»? Se dichiari un numero così esatto dovresti sapere bene se ci sono 55 o 58 deceduti. Se non sei certo scrivi «oltre 50» e la notizia mantiene il suo peso. 

Ma andiamo avanti. Sotto le macerie ci sono delle persone da soccorrere, lavoro arduo in tempo di pace con uomini e mezzi adatti figuriamoci sotto i bombardamenti senza mezzi e con poca gente. Ma in 24 ore – per la stessa fonte – i decessi aumentano «almeno a 70» (di nuovo almeno) e ci sono ancora vittime sotto gli edifici crollati. Poi diventano 93 secondo «fonti mediche della Striscia» riprese da Al Jazeera.

Chi siano queste fonti mediche, a nome di chi parlino non è dato sapere. I corpi sono negli obitori? Chi è stato trovato e curato da parenti è nell’elenco? Dato lo stato del paese, come si siano collegate fra loro per il bilancio finale, non si sa. Ma o si ha fiducia, o no.

Vediamo un take della Wafa, agenzia di informazione dell’Autorità Nazionale Palestinese.

«Israel occupation forces committed six massacres against family in the Gaza Strip over the last 48 hours resulting in the killing of at least 78 Palestinians and the injury of 214 others according medical reports…according to Wafa correspondent, the Israeli occupation forces instructed civilians living in the Al-Nasr, Al- Awda and Ala-Karama neighborhoods to leave their home and move to southern Gaza…».

Wafa informa di 6 massacri contro famiglie e racconta, senza spiegare perché, che Idf chiede di lasciare la zona. Procedura che attua sempre quando si accinge a bombardare per evitare vittime fra i civili. Peccato che il modo in cui Wafa ne scrive non lo dica. Chi legga senza sapere, trova in questo dettaglio un ulteriore argomento contro Israele.

Infine il numero definitivo delle vittime: il 7 novembre di quest’anno, Wafa ha riferito che, dall’inizio della guerra nell’ottobre del 23, sono morti 43.469 gazawi, per la maggioranza donne e bambini mentre 102.561 perone sono rimaste ferite. Fonte? La autorità sanitarie locali. 

Di nuovo: come abbiano fatto a coordinarsi nella Striscia e fornire un dato unico non è dato sapere. Aggiungiamo che in ogni take si specifica sempre il decesso di un numero di bambini come a volere insinuare che siano stati uccisi intenzionalmente. Non si informa così.

E questo, ripeto, senza minimamente volere negare né la gravità della situazione né il grande, terribile, numero di morti civili. Solo per ribadire che il giornalismo, anche dai fronti di guerra, ha delle norme che lo distinguono dalla propaganda. E queste regole sono del tutto saltate.