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LA NUOVA NAQBA, LA TRAGEDIA DELL’INDOTTRINAMENTO GLOBALE

LA NUOVA NAQBA, LA TRAGEDIA DELL’INDOTTRINAMENTO GLOBALE

Daniela Santus

Il 26 febbraio è stato il giorno del loro funerale: Shiri, Ariel e Kfir Bibas, rapiti dai terroristi palestinesi il 7 ottobre 2023 e successivamente uccisi durante la prigionia, sono stati sepolti in Israele. Nella notte i resti di quattro ostaggi israeliani sono stati scambiati, come ultimo atto della prima fase della tregua, a meno che non ci sia una proroga, con più di 600 detenuti in vita. A Gaza rimangono ancora 35 ostaggi uccisi in prigionia e 25 in vita.

Nel frattempo, in una Striscia di Gaza dove il meteo oscilla tra i 10° e i 21° Celsius, veniamo informati che altri sei bimbi sono morti di freddo, mentre l’Hyper Mall – fornitissimo centro commerciale di Gaza – ha riaperto i battenti e su Facebook pubblicizza i suoi prodotti, Nutella inclusa, comodamente acquistabili con carta di credito o via app. Ѐ come se esistessero due Strisce di Gaza: la prigione a cielo aperto dove c’è carestia, i bimbi muoiono di freddo e si è consumato il più spietato genocidio, come viene raccontato in Occidente, e la Striscia di Gaza in cui i centri commerciali offrono prelibatezze, i terroristi di Hamas fuoriescono baldanzosi a migliaia dai tunnel e i bimbi festeggiano l’uccisione dei piccoli ebrei, come viene raccontato dai palestinesi stessi attraverso i loro canali social. Ce ne sarebbe anche una terza: la Striscia di Gaza che un anziano presidente americano sogna di trasformare nella Riviera del Medio Oriente, ma in questo caso bisognerebbe interpellare Freud, il Maestro dell’interpretazione dei sogni.

In Occidente, stando a quello che vediamo nelle piazze, molti ritengono che la soluzione sia la pace: termine che, come ci insegnano i recenti accadimenti in Ucraina, ormai è diventato sinonimo di resa, di bandiera bianca, di vittoria dell’aggressore sull’aggredito. Una resa che certifica la sottomissione all’ignoranza: no, non è un insulto. In molti casi si tratta di una scelta. Ignoranza non è soltanto non sapere, ma anche non voler conoscere, neanche se si hanno a disposizione gli strumenti per apprendere, rifiutarsi di ricercare (anche se talvolta si possiede un dottorato) ciò che può almeno avvicinarsi alla realtà e provare a capire se quello che ci stanno propinando è vero o falso, se l’immagine che stiamo osservando è reale o frutto di IA. L’ignoranza, in altri più drammatici contesti, viene imposta ai sudditi dal potere. I terroristi di Hamas, ad esempio, coltivano l’ignoranza – e l’odio che da essa deriva – da decenni. Lo fanno nei confronti dell’Occidente e nei confronti delle loro nuove generazioni, per assicurarsi fedeltà e predisposizione al martirio.

Vi ricordate di Farfur e degli altri pupazzi che, nel 2007, avevano cominciato a essere protagonisti di un programma televisivo di Hamas dedicato ai bambini? In quel programma, all’apparenza innocente, veniva insegnato ai bambini palestinesi a odiare e a uccidere gli ebrei. Farfur altro non era se non un clone di Topolino ed era il protagonista di un programma chiamato “I Pionieri di Domani”, trasmesso via satellite da Gaza dall’emittente ufficiale di Hamas, Al-Aqsa TV. Nelle sue apparizioni settimanali Farfur spiegava ai giovani spettatori che avrebbero dovuto pregare in moschea cinque volte al giorno fino all’arrivo della “leadership mondiale sotto la guida islamica”; quando poi si riferivano a Israele, sia Farfur che Assud (il coniglio che veniva “dalla diaspora, con la chiave del ritorno”) erano soliti usare espressioni come “l’opprimente occupazione sionista” a cui i bambini avrebbero dovuto “resistere”.

Inutile dire che ai due eroi capitavano tutta una serie di disgrazie dovute alla perfidia degli ebrei. Assud, ad esempio, scopre in diretta tv che suo fratello, l’ape Nahoul, era morto dopo che gli era stata negata la possibilità di recarsi in Egitto per cure mediche. Con fare rabbioso, il coniglio afferma: “Io, Assud, mi libererò degli ebrei, se Allah lo vorrà, e li mangerò!” Nella puntata precedente  Farfur era stato mostrato mentre veniva picchiato a morte per mano di un israeliano a cui si era rifiutato di vendere la sua terra. La giovane conduttrice televisiva, una ragazzina, interveniva dicendo: “Sì, abbiamo perso il nostro caro amico Farfur, che è diventato un martire mentre proteggeva la sua terra, per mano di criminali e assassini di bambini innocenti”. Al telefono, un piccolo di tre anni intervenuto in trasmissione, aveva detto: “Non ci piacciono gli ebrei perché sono cani”.  E la conduttrice, sorridendo, “Gli ebrei sono criminali e nemici, dobbiamo espellerli dalla nostra terra”. Si trovano ancora in rete i filmati.

Quei bambini che, quando è morto Farfur possiamo ipotizzare avessero tra i 3 e i 10 anni, sono stati sottoposti a indottrinamento continuo, grazie alla televisione, alla scuola palestinese (dove da sempre si insegna che la Shoah è una menzogna e che I Protocolli dei Savi di Sion sono veri), ai campi estivi in cui hanno appreso tecniche di guerriglia. Per Hamas e la Jihad islamica il reclutamento di bambini, in particolare a Gaza, ma anche in Cisgiordania e all’interno di Israele, è un fenomeno – paradossalmente – ancora in corso. All’interno dei territori palestinesi, Hamas tuttora gestisce moschee, scuole, orfanotrofi, campi estivi, leghe sportive, unioni studentesche e attività culturali, che vengono utilizzate per l’indottrinamento e l’odio. Le foto dei cosiddetti martiri sono comunemente esposte nelle scuole e in altre aree pubbliche. Nel 2015, le Brigate Izz el-Deen al-Qassam gestivano un campo militare per 25.000 bambini e giovani tra i 15 e i 21 anni a Gaza (basti leggere il Rapporto delle Nazioni Unite sull’infanzia, 2016). Ebbene, data l’età, proprio i bambini che avevano sofferto per la morte di Farfur e Nahoul (ora venti/trentenni), sono presumibilmente stati tra i principali artefici del 7 ottobre. L’indottrinamento all’odio ha dato i suoi frutti.

I “Pionieri di Domani” sono diventati gli assassini di oggi. Chissà se tra loro c’è anche chi ha stretto le mani intorno al collo di Kfir e Ariel Bibas. Chissà se mentre li strangolava pensava a Farfur che era stato “martirizzato mentre difendeva la sua terra dagli assassini dei bambini”. Già, gli assassini dei bambini. Come suggerisce Ruben Della Rocca su Linkiesta, la sorte di Kfir e Ariel non è diversa da quella del milione e mezzo di bambini sterminati dai nazisti durante la Shoah (e io aggiungerei da quelli sterminati nei pogrom zaristi, bolscevichi, arabi), dei ventuno bimbi uccisi dai palestinesi nella scuola elementare di Maalot nel 1974, o di Stefano Gaj Taché, due anni, ucciso nell’attentato palestinese alla sinagoga di Roma del 1982, di Yoav, undici anni, Elad, quattro e Hadas tre mesi, uccisi nei loro letti insieme a mamma e papà Fogel nel 2011, di Gabriel, tre anni, Ariyeh, sei, Miriam, otto, uccisi nell’attacco alla scuola ebraica di Tolosa nel 2012. Una sorte tristemente comune a tutti i bimbi fatti a pezzi dalle bombe sugli autobus, sugli scuolabus, nei mercati, nei ristoranti, alle stazioni dei bus, nei cinema, nelle pizzerie per la sola colpa di essere ebrei.

Nel 1972, Golda Meir aveva affermato: “Possiamo perdonare gli arabi per aver ucciso i nostri figli. Non possiamo perdonarli per averci costretto a uccidere i loro. Avremo pace con gli arabi solo quando ameranno i loro figli più di quanto odieranno noi”. Purtroppo non credo più che questo possa accadere, per lo meno sino a quando Hamas resterà al potere. Avremmo potuto avere pace se i nazisti fossero rimasti al potere in Germania? Hamas si nutre della morte: ha bisogno della morte dei piccoli palestinesi per guadagnare le simpatie dell’Occidente e, al contempo, cerca di arrecare più vittime possibile tra i piccoli israeliani (prima del 7 ottobre i razzi sparati da Hamas cercavano sempre di colpire scuole e asili) per vincere la guerra. Diciamocelo: Israele questa guerra non l’ha vinta (troppi fronti aperti, troppi giovani caduti, troppo dolore), nonostante la distruzione del 60% degli edifici di Gaza. I tunnel non sono stati colpiti in profondità proprio per evitare, il più possibile, di uccidere gli israeliani rapiti.

In queste settimane il governo ha portato avanti lo scambio di alcune decine di ostaggi (ebrei, cristiani, musulmani, drusi, stranieri) vivi o morti con migliaia di detenuti palestinesi tra cui ergastolani e pluriomicidi che andranno a rinforzare le milizie di Hamas perdute in battaglia. Ma ora che la prima fase della tregua è terminata, cosa farà Netanyahu? Sceglierà di ricominciare la guerra lasciando indietro i 25 ostaggi ancora in vita, come i due giovani ragazzi che le belve di Hamas hanno portato ad assistere alla liberazione degli altri ostaggi? Si andrà verso una proroga della tregua e verso nuovi rilasci di ostaggi e detenuti? Al momento Bibi ha ottenuto un ridimensionamento della spettacolarizzazione della morte, grazie all’imposizione della consegna notturna delle ultime quattro salme: non sappiamo cosa accadrà nel prossimo futuro. Soprattutto non sappiamo cosa accadrà all’eventuale rilascio degli ostaggi in vita, se dovranno nuovamente affrontare le folle inferocite come finora accaduto. Chi potrà scordare il terrore impresso negli occhi di Arbel Yehud?

Certo è che quelle scene di esaltazione della morte andavano ridimensionate, anche se non potremo mai dimenticarle, come non dimenticheremo mai le celebrazioni di festoso orgoglio nei confronti degli autori di atti terroristici cui i palestinesi da decenni ci hanno abituati. Quanti dolcetti distribuiti ai passanti ogni qualvolta un israeliano è stato assassinato! Quanta felicità quando la mano assassina era quella di un ragazzino, un giovane martire la cui morte veniva glorificata e portata ad esempio! Già Arafat sosteneva che i bambini palestinesi erano gli eroi della “resistenza” contro l’occupazione israeliana, giustificando l’uso dei più piccoli per gli attacchi contro l’esercito “ebraico”. Eppure quello che Hamas in queste settimane ci ha offerto, in mondovisione, ha oltrepassato persino questo orrore, facendo sprofondare l’umanità in un abisso.

Quando sono stati consegnati i corpi di Ariel e Kfir, oltre che quello di Shlomo Mantzur (87 anni, sopravvissuto al pogrom di Farhud, condotto contro gli ebrei a Baghdad, e convinto sostenitore della pace) sul palco – di fronte alle bare nere – e con alle spalle una gigantografia di Netanyahu in veste di vampiro, le foto dei rapiti e le immagini di decine e decine di bare a rappresentare gli israeliani uccisi, danzavano e inneggiavano ad Allah una cinquantina di bambini dai 7/8 anni sino ai 10/12 circa, cantando e maledicendo gli ebrei. Festosi e allegri celebravano la morte di due bimbi rapiti e assassinati. Poi il corteo delle bare, tra la folla esaltata. Una folla che dal 7 ottobre ha metaforicamente rotto gli argini e superato i confini: ogni antisemita – dal mare sino a Berlino, passando per Roma, Parigi, Bruxelles e Londra – avrà gioito.

Che dire poi dello show messo in atto il 22 febbraio alla liberazione degli ultimi ostaggi in vita di questa prima fase? Omer Shem Tov, durante la solita sceneggiata sul palco organizzata da Hamas, è stato costretto a baciare la testa di uno dei rapitori. Tenuto in ostaggio per 505 giorni è stato ancora una volta umiliato per la gioia della folla, senza che la CRI abbia fatto sentire la sua voce. Scena muta e strette di mano agli aguzzini, come sempre.

No, certamente Israele non ha vinto, ma ha mantenuto, anche nell’orrore della guerra, una certa qual forma di dignità e di etica, al netto di quei soprusi (certamente compiuti da alcuni e già denunciati) che, per come ci ha abituati Israele, verranno perseguiti. Tuttavia neppure Hamas ha vinto, se per vittoria intendiamo la possibilità di ottenere, con le armi, quanto non sarebbe stato possibile ottenere con la pace: ad esempio uno Stato palestinese. E ha “perso nell’odio” un’altra generazione che, tra vent’anni, o forse prima, compirà nuove stragi. Anche se forse si dovrebbe dire che ha “guadagnato con l’odio” un’altra generazione di martiri e di eroi, se per eroismo s’intende stringere le mani intorno al collo di un bimbo di nove mesi per poi far sfilare la sua bara per la gioia di un popolo dalla mente resa malata dall’ignoranza. Questo è forse il significato più vero di Naqba: aver distrutto il proprio popolo per il desiderio di distruggerne un altro. Senza ottenere nulla.