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QUESTO È IL TEMPO… DI RICONOSCERE ISRAELE

QUESTO È IL TEMPO…

DI RICONOSCERE ISRAELE

Daniele Renzoni

È sufficiente la citazione del biblico Ecclesiaste fatta da Umberto Ranieri su queste pagine per affrontare il nodo della fine della guerra scatenata da Hamas contro Israele?

C’è un tempo per la guerra e un tempo per la pace, scrive Ranieri. L’interrogativo più difficile è rispondere al secondo obiettivo, non dimenticando che la guerra l’ha dichiarata Hamas.

Il gabinetto di guerra israeliano sta discutendo almeno due opzioni sul “dopo”, al termine del conflitto. La sconfitta di Hamas avrà come conseguenza l’occupazione israeliana di Gaza oppure va individuato un altro interlocutore politico (ANP?) a cui affidare la ricostruzione del territorio abitato da palestinesi?

Cominciamo con gli obiettivi irrinunciabili per Israele prima di sedersi ad un tavolo di pace: la liberazione degli oltre cento ostaggi ancora prigionieri a Gaza e la fine definitiva di Hamas.

Sono due questioni su cui non c’è israeliano di governo o di popolo, laico o religioso, che non concordi. Israele dopo lo scorso 7 ottobre non ha più quella sensazione di sicurezza vissuta per settantacinque anni, nonostante i numerosi conflitti scatenati dai paesi arabi confinanti. Recuperare questo sentimento, questo orizzonte, è per Israele un imperativo categorico. Prima di tutto un chiaro, definitivo e unanime riconoscimento, e una volta per tutte, dello Stato israeliano da parte di tutti i Paesi arabi della regione. Solo in questo modo si potrà cominciare a tessere di nuovo una tela di accordi che, ha ragione Ranieri, non sarà solo tra israeliani e palestinesi. Se Israele non dovrà cedere alla tentazione di cadere in quello che Ranieri definisce “isolamento messianico” cercato dalla destra estremista dei coloni, palestinesi e mondo arabo devono lasciare alle loro spalle il fondamentalismo islamico sunnita imprevedibilmente saldatosi con lo sciismo iraniano producendo il catastrofico, per Israele, slogan “dal fiume al mare” senza gli ebrei ripetuto anche nelle piazze e nelle università dell’Occidente.

Forse in questo modo (senza dimenticare le vittime provocate da Hamas nel pogrom del 7/10 e tra i civili palestinesi di cui si è fatto scudo) si potrà tornare allo stesso spirito della risoluzione 181 dell’Assemblea generale delle nazioni unite che nel 1947 ripartiva la Palestina occidentale in uno Stato Ebraico e uno arabo. La risoluzione dell’Onu fu applicata solo allo Stato di Israele. Lo Stato arabo-palestinese non venne mai realizzato perché i confinanti arabi dichiararono guerra a Gerusalemme ancora prima della Dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele nel 1948. Questo è il nodo, storico, da sciogliere.