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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Andrea Orsini

SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Andrea Orsini

Il 7 ottobre 2023 mi trovavo in Svezia, a Malmoe, città con una forte presenza di immigrati di religione Islamica. Seguivo dal mattino le tragiche notizie che provenivano da Israele, e che di ora in ora si aggravavano, con sgomento unito a incredulità. Nel pomeriggio presi un’auto per recarmi a Copenhagen (le due città sono collegate da un meraviglioso ponte che ha unito la penisola scandinava all’Europa) ma rimasi ben presto bloccato nel traffico. O meglio, coinvolto mio malgrado in un fiume di auto che procedevano a passo d’uomo. Queste auto (quasi tutte di grossa cilindrata) erano stracariche di ragazzi, che suonavano i clacson all’impazzata, sventolavano enormi bandiere palestinesi, scendevano dalle auto cantando e ballando quando il flusso del traffico si bloccava. Avete presente cosa succede in Italia quando la squadra di una città vince il campionato? 

Ho filmato la scena, con qualche cautela perché temevo gli interessati non gradissero. Al contrario, vedendosi ripresi, si avvicinavano sorridenti e festanti, facendo con le dita il segno della vittoria, quello che usava Winston Churchill.

Fra loro molte ragazze, rigorosamente velate ma vestite all’occidentale.

Questi ragazzi, che vivono in Occidente, in un paese tollerante come la Svezia, in condizioni di benessere materiale almeno accettabile, festeggiavano il pogrom, il massacro di innocenti indifesi, gli stupri, i rapimenti, le mutilazioni, come la vittoria della loro Nazionale. Festeggiavano quelle immagini atroci che gli stessi israeliani, per rispetto verso le vittime, hanno evitato di diffondere, rinunciando ai vantaggi propagandistici che ne avrebbero potuto ricavare.

Sfilavano, e anche questo mi ha colpito, in modo ordinato, scortati, indirizzati e controllati dalla polizia svedese, in una manifestazione autorizzata e ben organizzata.

Naturalmente sarebbe sciocco e controproducente identificare quei ragazzi con tutto il mondo islamico, o anche solo con tutta l’immigrazione islamica in Europa. Significherebbe accettare la logica di “scontro di civiltà” che i terroristi di Hamas o di Hezbollah propugnano.

L’Islam è molto più, e molto meglio, di questo. Vi sono paesi islamici che per convinzione o pragmatismo guardano all’occidente e anche a Israele come alleati, non come nemici. Altri che guardano a noi con diffidenza proprio perché non sono certi della coerenza e della continuità del nostro sostegno. Temono le crisi di coscienza dell’Occidente, le pulsioni autodistruttive che albergano nelle nostre società, nelle nostre università, nei nostri organi di informazione. Temono che la nostra idea stessa di tolleranza – che è un valore prezioso delle nostre società – sia un elemento di vulnerabilità, quello che consente ai ragazzi di Malmoe di festeggiare un pogrom.

L’odio contro Israele, contro gli ebrei, ha poco a che fare con l’antisemitismo “classico” (e non generalizzato) dell’Europa dal medioevo all’ottocento. Oggi odiare gli ebrei è parte integrante dell’odio verso la nostra civiltà liberale. Ed è un odio pericolosamente infiltrato nelle nostre società.

I ragazzi che festeggiavano a Malmoe non rappresentavano tutti gli islamici, ma non erano solo musulmani. Trovavano e trovano un retroterra di consenso fra noi, quel consenso che emerge nelle tante manifestazioni “propal” che vediamo nelle nostre città. Quelle in cui si insulta Liliana Segre.

Qualche settimana fa ero ad Auschwitz, a rendere omaggio alle vittime del più straordinario dramma della storia dell’uomo. La prima cosa che ognuno ripete guardando a quegli orrori è “mai più”. Israele è la nazione nata perché questi “mai più” non siano solo parole. Perché gli ebrei, i nostri “fratelli maggiori”, non siano più vittime sacrificali. E per combattere e punire i loro assassini.

Ovviamente come ogni cosa umana Israele non è perfetta, può commettere errori dai quali è legittimo dissentire. Ma Israele ha diritto ad esistere, a difendersi, a fare tutto il necessario per garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Chi dice “mai più Auschwitz” deve dire anche “mai più 7 ottobre”. Difendere questo principio non significa difendere gli ebrei, significa difendere la nostra idea di civiltà.


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