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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Angela Catello

SETTEOTTOBRE

L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Angela Catello

Non pensavo fino a questo punto. E invece sì. Ormai conto sulle dita di una mano le persone con cui posso parlare del 7 ottobre. I miei amici (tutti più o meno di sinistra, preciso) subito attaccano con il « Si, ma… » o, se va bene, fanno una faccia di circostanza. Leitmotiv: non sono antisemita, sono anti israeliano. Più Gaza diventava teatro di guerra più intorno a me cresceva la rabbia contro Israele. Che Hamas nasconda armi perfino sotto scuole e ospedali era informazione non pervenuta. Entusiasti per le manifestazioni di quei quattro gatti delle università americane che fanno opinione (« Hai visto? Anche in America.. ») niente volevano sapere dell’abbecedario degli orrori perpetrati da Hamas il 7 ottobre: donne violentate, mutilate e uccise, oppure (a scelta) violentate, uccise e mutilate, genitori assassinati davanti ai propri figli, bimbi rapiti e portati chissà dove, dipendenti dell’UNRWA che partecipano al massacro, famiglie palestinesi messe a guardia degli ostaggi. E via così. Chi più ne ha più ne metta. Avete letto, chiedo? Niente da fare, sono ostinati. Il peccato originale è sempre e solo di Israele.

Alle famiglie che hanno perduto i propri cari il 7 ottobre, interessa, comprensibilmente, anche solo il corpo. Per dare almeno una sepoltura. E così ecco trattative strazianti dove si ipotizza anche lo scambio di detenuti palestinesi contro ostaggi morti (i corpi dei militari ovviamente valgono di più). Il mercato dell’orrore. Non riesco a parlarne quasi con nessuno. Per continuare a trattare vogliamo l’elenco degli ostaggi, dice a un certo punto Israele. Hamas: non ce l’abbiamo. In pratica non si sa neppure chi è vivo e chi è morto, non si sa chi è in mano ad Hamas e chi è in mano alla Jihad islamica. Ogni tanto un ritrovamento di ossa. Shani Louk aveva 22 anni. Il 7 ottobre pensava di andare a un rave party e si è ritrovata in un mattatoio. Sul pick-up dei miliziani di Hamas, con le ossa spezzate, è probabilmente già morta mentre le sputano addosso. Sono stati ritrovati frammenti del suo cranio. Forse l’hanno decapitata, decapitata, capisci? mi dico fra me e me. Altri cadaveri sono ancora senza nome: persone bruciate, smembrate. Ma avete letto? Tono infastidito: si, si. Ariel ha compiuto 5 anni in cattività. Sempre che sia ancora vivo. Non ci sono notizie di lui, del suo fratellino Kfir (1 anno), dei suoi genitori. Vorrei chiedere: e se fosse la tua famiglia? Non lo faccio tanto acchiapperei sguardi infastiditi.

Ismail Haniye, leader politico di Hamas ucciso a Teheran il 31 luglio scorso, è diventato una mammola. Si, Haniye il negoziatore. Addirittura Haniye il moderato, come dicono certi miei amici. Ah si? Ma se il 7 ottobre esultava, se ha chiesto ai palestinesi il loro sangue e il loro sacrificio, se ha ringraziato Allah per il martirio dei suoi figli saltati in aria… No, non parlo più di Israele con il mio compagno, non ne parlo più con il grosso dei miei amici, evito l’argomento anche con parte della mia famiglia. Ogni confronto è inutile se non impossibile. Mi rimangono incredulità, solitudine e silenzio.


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