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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Anna Borioni

SETTEOTTOBRE

L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Anna Borioni

L’abisso dei campi di sterminio è stato introdotto nel mondo delle cose che esistono e quindi sono possibili”. Dopo il 7 ottobre mi è venuto in mente questo terribile lascito di Primo Levi di fronte allo slogan “From the river to the sea, Palestine will be free” gridato nelle piazze e nei campus universitari occidentali, rilanciato negli appelli sottoscritti da migliaia di accademici, rimbalzato nei talk show. A pochi giorni dalla carneficina, al primo accenno di reazione da parte di Israele, l’idea di sterminio di ebrei, della distruzione dello Stato degli ebrei, che muove i terroristi di Hamas e il loro sponsor iraniano, è rientrata in Occidente come cosa possibile. Il 24 ottobre, il segretario dell’Onu Antonio Guterres lo ha chiarito molto bene: “È importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”. Cioè secondo il segretario dell’Onu il massacro di 1200 persone uccise, bruciate, torturate in quanto ebree, gli stupri commessi sulle donne in quanto ebree, uomini, donne e bambini rapiti e trascinati per le strade di Gaza tra la folla in tripudio in quanto ebrei, non sono un atto genocidario, non un crimine contro l’umanità tanto più simile alle efferatezze naziste, non il superamento inaccettabile del limite oltre il quale la vita umana non ha più valore. Sono, invece, qualcosa che in fondo un cittadino occidentale può anche comprendere, addirittura giustificare con il comportamento delle vittime. Senza aggiungere che a Gaza non c’è più un israeliano dal 2005, quella di Guterres è una tesi aberrante, che testimonia in modo drammatico l’indebolimento di valori fondanti dell’Occidente a favore dell’apertura di spazi di legittima espressione dell’antisemitismo, dell’estremismo islamista con il suo carico di odio al sistema delle libertà.

Gli attacchi di Hamas, è vero, non sono venuti dal nulla: trovano, infatti, un loro brodo di coltura, la loro legittimazione, nell’organizzazione che Guterres dirige. Commissione Diritti Umani, Unrwa –né va dimenticata la Conferenza mondiale contro il razzismo promossa dall’Onu a Durban nel 2001, vero e proprio festival dell’odio antisemita- sono da anni impegnati nella criminalizzazione di un unico Stato, Israele, accusato, tra le decine di regimi autoritari e dittature sanguinarie partecipanti, di apartheid, colonialismo, razzismo. Questi termini infamanti, con cui viene descritta l’unica società libera e democratica del Medio Oriente, sono propri non delle forze oscurantiste, ma degli ambienti progressisti occidentali. È nel cuore “buono” dell’Occidente, dove l’antisemitismo si maschera di antisionismo, che la propaganda del terrorismo islamico travestita da causa palestinese è diventata verità e il suo obiettivo strategico di distruzione di Israele è diventato “resistenza”. Tanto che l’azione di difesa da parte dello Stato ebraico è stata subito aggiunta alle sue “colpe storiche” in quanto “risposta sproporzionata”, “punizione collettiva”, “genocidio”, “escalation”. 

Il nome “Asse della resistenza” è il nuovo inganno proposto al mondo per ammantare un progetto di sterminio di un’aura eroica. Chiamiamolo per quello è: il nuovo “Asse del Male”, come fu il nazifascismo. Nome che dà bene il senso della battaglia che siamo chiamati a combattere a fianco di Israele.


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