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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Benedetto Sacerdoti

SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Benedetto Sacerdoti

I primi giorni che hanno seguito il 7 ottobre sono stati caratterizzati da un senso di impotenza, legata al desiderio di voler fare qualcosa per Israele, mentre arrivavano le prime notizie di amici e parenti richiamati nell’esercito come riservisti. Dopo alcune giornate in cui ho aiutato a cercare sistemazione per i molti argentini che facevano scalo a Roma per qualche notte prima di tornare a casa con voli militari, sono arrivate provvidenziali due telefonate. UCEI e Ambasciata di Israele avevano ricevuto entrambe richiesta di un nominativo che potesse rappresentare il Forum delle Famiglie degli Ostaggi in Italia, e entrambe le istituzioni avevano pensato a me. In questi ormai oltre dieci mesi ho tenuto a interpretare questo ruolo cercando di facilitare quante più iniziative venivano proposte per tenere viva l’attenzione sugli ostaggi e per chiedere il loro rilascio. È stato importante poter contare in primis su UCEI e Comunità di Roma e Milano, ma non sono mancate le iniziative nelle altre comunità ebraiche e da parte di gruppi della società civile. Il supporto più importante è arrivato dall’associazione Setteottobre e dal gruppo Run For Their Lives, guidato dall’instancabile e sempre sorridente Tiziana Levy. Dopo i primi mesi in cui, con molta fatica e pochi volontari mi ritrovavo a organizzare piccole manifestazioni, ho potuto contare sul loro prezioso supporto.
Col passare dei mesi, ciascuno di quei volti diventava più famigliare e imparavo a conoscere le loro storie, anche grazie agli incontri con i molti famigliari durante la mia permanenza al Forum in Israele.
Non dimenticherò mai l’incontro con Itay Regev e la promessa che gli ho fatto di continuare a chiedere il rilascio dei suoi amici Omer Shem Tov e Ori Danino; l’abbraccio con la madre di Omer; la cena, a un orario troppo presto per un sudamericano, con Itzik, il padre di Eithan e Yair Horn; le sigarette rollate con Gal, il fratello di Guy Bilboa Dalal; le poche parole un po’ imbarazzate con la sorella gemella di Agam Berger; lo sguardo rassegnato di Eli Shtivi, il padre di Idan; la casa di Ohad Ben Ami, devastata dai terroristi nel kibbutz Be’eri e le immagini inviate al nipote studente in Italia.
Sarò sincero, non c’è giorno che io non mi domandi se possa fare di più, e con questo senso di responsabilità spero con tutto il cuore di poter smettere questo ruolo quanto prima, appena tutti gli ostaggi saranno tornati a casa.
Il tempo trascorso è ormai diventato insostenibile, per gli ostaggi e le loro famiglie, e non posso che auspicare che si raggiunga quanto prima un accordo per poter far tornare tutti gli ostaggi a casa.


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