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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Edoardo Garibaldi

SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Edoardo Garibaldi

Avevo traslocato da poco e appena cambiato lavoro, il 7 di ottobre del 2023. Ero frastornato, ma rassicurato. La mia nuova casa era accogliente, il mio nuovo lavoro mi piaceva. Con una tazza di caffè cominciò l’empio rito del fine settimana. Ci vollero diverse ore perché la notizia dell’attacco al Supernova festival e ai Kibbutz di Sderot, Be’eri, Kfar Aza, Nir Oz mi raggiungesse. Non capivamo cosa fosse accaduto ma, nella società dell’immagine, c’è voluto poco perché apparisse Noa con i suoi lunghi capelli neri. La sua maschera di paura, la sua bellezza, i rapitori che la filmano mentre è assicurata sul sellino di una motocicletta guidata da uno dei tanti che avevano attaccato i figli di Israele mentre danzavano come avevo fatto io. Noa avrebbe mai più sorriso? Avrebbe mai portato un figlio in grembo, o avrebbe dato dei figli ai suoi rapitori? Quello che era accaduto era ormai chiaro.

Adesso Noa è libera, ma 115 sono ancora nelle mani di Hamas che non si fa scrupoli nell’usare i corpi dei palestinesi, dei loro fratelli, come scudo. In questo nostro mondo pieno di piccoli riti inconsci, così copiosamente ripetuti da diventare nevrosi, oggi sembra che tutto ciò non sia mai accaduto. Lo abbiamo consumato come molti bambini fanno con le verdure, a forza. Appena ne abbiamo avuto la possibilità abbiamo ricominciato a mangiare ciò che ci piace: l’occidente è cattivo, l’attacco di Hamas non nasce nel nulla, non sono antisemita sono antisionista, Palestina libera dal fiume al mare, sabato in piazza a sostenere la causa dei nostri fratelli palestinesi. Ancora riti nevrotici e assolutori del senso di colpa che affligge l’occidente. 

La sera del Sette ottobre ero a cena con amici, tutti giornalisti. Arriva in ritardo l’ultimo di noi e dice: viva Hamas. Con il pugno alzato. Scoppia una rissa, vengono branditi caschi da moto, le parolacce però no perché è sconveniente. Grottesco. Ognuno va per la sua strada. Ad oggi la situazione non mi pare essere cambiata, in Occidente: c’è ancora chi inneggia ad Hamas. Conosco quel signore molto bene e quando gli ho chiesto perché avesse detto una cosa del genere, con i corpi delle 1481 vittime ancora caldi e Noa in mano ai rapitori, non mi ha saputo rispondere. Lui ci ha ripensato, si è scusato e ancora non sa il perché. C’è però chi non riflette e continua a ripetere Palestina libera dal fiume al mare. Creeranno un deserto e la chiameranno pace.


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