SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS
Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.
Giordana Menasci
Il 7 ottobre del 2023 in Israele è stato perpetrato un pogrom della stessa portata di quello descritto dall’Anonimo di Mainz (documento redatto da un anonimo testimone, contenente la cronaca del massacro delle comunità ebraiche renane per mano dei crociati nel 1096), delle stragi nelle zone di residenza della Russia Zarista (1881-1882), del rapporto redatto da Chaim Nachman Bialik, inviato dalla Commissione storica Ebraica, all’indomani del pogrom di Kishinev del 1903 (“Nella città del Massacro”, Il Melangolo, Genova 1992) e delle ben più recenti atrocità commesse per mano nazista sulle popolazioni ebraiche durante il secondo conflitto mondiale.
Se qualcuno potrebbe obbiettare che le atrocità della recente esecuzione siano imputabili a un diverso grado di civilizzazione dell’estremismo di matrice islamica, al quale possiamo ricondurre gli autori della strage, rispetto a quello occidentale, l’insufficiente reazione ed indignazione dell’opinione pubblica ci ha rivelato altro.
Lo stupro, il massacro, le decapitazioni e la carneficina di cittadini israeliani, non solo sono stati considerati conseguenza del conflitto israelo-palestinese e non come crimini contro l’umanità ma hanno scoperchiato un rigurgito antisemita di portata epocale.
Gran parte delle testate giornalistiche, i social media, gli opinionisti, le università ma anche parte dei nostri amici non ebrei, hanno espresso posizioni univoche di rimozione delle brutalità commesse, giustificando o sminuendo un massacro di portata universale; si sono verificati episodi di palese discriminazione a danno di studenti, intellettuali o semplici cittadini ebrei. Abbiamo assistito allo scoperchiamento di un pentolone in ebollizione che ha permesso a molti di esprimere candidamente ed esplicitamente un pregiudizio dalle antiche radici.
Nelle nostre orecchie, le urla di odio antiebraico delle masse manifestanti pro-Hamas, nelle piazze europee, hanno risuonato con la stessa intensità delle voci dei persecutori che hanno colpito le nostre famiglie nel passato e che sono, a noi giunte, grazie alle narrazioni e testimonianze raccolte.
Tutti coloro che come me sono nati e cresciuti in una società dove essere ebrei, portare un maghen david al collo o tenere la mezuzah fuori dalla porta di casa non ha mai rappresentato un problema, non riuscivano a credervi; la leggi razziste del ’38, le deportazioni nei campi dei nonni, le fughe delle nostre famiglie dai paesi arabi, erano eventi da ricordare, su cui lavorare per sensibilizzare le nuove generazioni, ma mai avremmo pensato di dover rivivere certe paure e prevenire nuove ondate di odio.
Tuttavia, sono figlia di una generazione risorta dall’abisso e come tale non rimango inerme e continuo a credere che la tutela e la salvaguardia dell’esistenza dello Stato d’Israele insieme a un lavoro di collaborazione e costruzione con quella parte di società civile che non rinuncia alla verità e non viene travolta dal pregiudizio, possa permettere ai nostri figli di continuare a vivere dignitosamente il proprio ebraismo.
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