SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS
Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.
Giovanni Moglia
Fra qualche settimana sarà passato un anno dal 7 Ottobre, da quel terribile massacro che si pone come cesura nella vita di molti di noi e ci fa rabbrividire al solo ricordare efferatezza e crudeltà. Ma purtroppo non ne possiamo parlare al passato, ricordarlo come monito per il futuro o per mantenere viva la memoria di chi è stato trucidato.
Il 7 ottobre è presente non solo perché ci sono ancora ostaggi in mano agli aguzzini, non solo perché in questo anno sono stati uccisi altri cittadini israeliani, non solo perché Israele continua quasi giornalmente a essere attaccato, non solo perché la criminale ferocia di Hamas ha causato sofferenze terribili anche ai palestinesi di Gaza, ma perché col 7 ottobre è iniziata una guerra che è lontana dall’essere terminata e che non riguarda solo Israele, anche se Israele ne porta il peso maggiore, ma tutti noi. È la guerra che Hamas e i suoi alleati hanno lanciato alla nostra società laica, democratica e liberale, al nostro sistema di valori, alla nostra umanità. Molti in Occidente non se ne rendono ancora conto, ma questa guerra riguarda noi tutti e determinerà in quale società vivranno i nostri figli.
Sono fiducioso e penso che le società aperte e democratiche abbiano tutti i mezzi per poter vincere questa guerra, ma realisticamente penso che la strada da percorrere sia purtroppo ancora molto lunga. E lo penso in particolare perché è una guerra che non possiamo solo vincere militarmente o con azioni di antiterrorismo mirate. È una guerra che si deve vincere anche culturalmente, ed anche per questo l’associazione Setteottobre è nata, riuscendo a ridare ai cittadini delle nostre società la fierezza per la libertà, per i sistemi democratici di cui possono essere partecipi, per la possibilità di vivere in contesti culturali in cui la tolleranza è la norma. Società che possono e devono essere migliorate, ma che lo potranno essere solo preservando la libertà e la democrazia e difendendole da tutte le ideologie totalizzanti ed estremistiche, di cui il fondamentalismo islamico è una delle più pericolose.
A questo riguardo non possiamo non constatare una differenza preoccupante tra quello che è successo un anno fa e l’11 settembre del 2001. In tutti e due i casi una falla gigantesca dei sistemi di intelligence e di difesa hanno permesso a dei terroristi di colpire le nostre società aperte e di mietere vittime civili. Dopo l’11 settembre però le immagini simbolo, la narrazione dei mezzi di stampa, le dichiarazioni di intellettuali e politici hanno compattato l’opinione pubblica a difesa della libertà e contro il terrore. Questo è purtroppo in parte mancato dopo il 7 ottobre per una serie di ragioni, tra cui il pudore a far vedere lo scempio perpetrato dai terroristi e la mancanza di una efficace narrazione da parte di Israele per consolidare una solidarietà almeno occidentale.
Ma non dobbiamo nasconderci che se non vi è stata la stessa risposta mondiale al massacro del 7 ottobre lo si deve imputare innanzitutto al dilagare anche nelle nostre società di un estremismo islamico, antisemita e antioccidentale che ha efficacemente utilizzato una narrazione della situazione palestinese per distorcere la verità fino a cancellare il senso di solidarietà verso le vittime del pogrom, anche quando erano donne violate o bambini. La frase del pessimo Segretario generale dell’Onu secondo cui il 7 ottobre non era accaduto nel vuoto sarebbe stata impensabile dopo l’11 settembre, così come non era pensabile la facilità con cui i mass-media occidentali rilanciano le menzogne dei terroristi.
Dobbiamo quindi impegnarci a ricostruire a tutti i livelli la capacità delle nostre società a difendere con fierezza la nostra cultura liberale e democratica, ad affrontare senza timore una battaglia interna ed esterna a isolare terroristi ed estremisti islamici e quei paesi e istituzioni che gli proteggono. È una battaglia lunga, ma credo sia anche indispensabile combatterla.
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