SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS
Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.
Giuliano Cazzola
Che cosa ha significato per me il massacro del 7 ottobre? Dopo la pietas per le vittime di quella strage degli innocenti con atti di ferocia disumana, il turbamento più grave è stato quello di ritrovarmi in un mondo impazzito. Ho l’età per aver seguito le guerre che Israele ha dovuto combattere dal momento della sua fondazione. In tutti i momenti critici la sinistra ha sempre avuto un ruolo ambiguo nei confronti di Israele. Fedele alleato degli USA lo stato ebraico ha pagato più volte la maledizione di Montezuma verso la bandiera a stelle e strisce. Abbiamo creduto che, dopo il crollo del Muro di Berlino e l’implosione dell’impero sovietico, fosse superato anche l’astio nei confronti delle istituzioni dell’Occidente che imperversava durante la Guerra fredda anche in quei paesi la cui libertà era custodita e difesa da quell’Alleanza militare a cui venivano attribuite le peggiori nefandezze (fuori l’Italia dalla Nato e fuori la Nato dall’Italia). Ci siamo accorti con l’aggressione dell’Ucraina che la Quinta Colonna dei nemici dell’Occidente è tuttora mobilitata a sostegno di Putin. Perché ciò avvenga rimane un mistero. Ma non era mai avvenuto che le critiche verso Israele (anche quando era governato da fior di laburisti e nei kibbutz si sperimentavano modelli di lavoro e di vita con forti contenuti di socialismo) si traducessero in persecuzioni scopertamente antisemite. Ormai non si cerca più neppure l’alibi dell’antisionismo. È l’ebreo in quanto tale – a prescindere da dove viva e da come la pensi sul governo del suo paese – oggetto di una caccia all’uomo sempre più diffusa ed esplicita. Ciò che è avvenuto nelle Università negli Usa e in Europa è un oltraggio alla natura umana e un’offesa alla memoria della storia. I filo-palestinesi sono arrivati in molti casi a giustificare il terrorismo attribuendogli – anche nelle forme più spietate – quell’aura di resistenza che viene ostinatamente negata all’Ucraina. L’Anpi ha regalato la festività del 25 aprile a Hamas. Persino la giornata della memoria la cui celebrazione, il 27 gennaio, costituiva l’occasione per la sinistra di rendere onore all’Armata Rossa che aveva liberato in quel giorno il Campo di Auschwitz. L’Olocausto costituiva un monito contro il grande nemico del Nazifascismo fino a quando anche questa paratia è saltata e quest’anno le comunità ebraiche si sono sentite private del diritto di ricordare le tragedie che hanno colpito milioni di famiglie. Il più grande sconforto per me è quello di vedere su di un fronte planetario uno schieramento nemico compatto e attrezzato che parte da Mosca, passa per Teheran (con gli sgherri degli ayatollah sparsi in Medio Oriente) arriva a Taiwan e in Corea del Nord. L’Occidente non vede questo scenario integrato e armato contro i sistemi liberi, la società aperta e la globalizzazione. E affronta ogni caso a sé nell’illusione di trovare prima o poi una specifica soluzione che non esiste. Lo scenario è cambiato: non siamo più nel contesto di una guerra a pezzi, ma all’inizio della terza guerra mondiale.
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