SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS
Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.
S.C. Alder
“Per fortuna il mondo è un posto lontano lontano”.
Con queste parole Susanita, amica dell’iconica Mafalda di Quino, si stiracchia buttando via una pagina di giornale in cui vengono riportati gli orrori del mondo.
Un po’ come lei, anch’io ho pensato di poter relegare Antisemitismo e Antisionismo a uno sbadiglio e un’alzata di spalle.
“Passerà, passerà” diceva Don Cosmo ne I Vecchi e i Giovani. Così, con questa indolente parola, Pirandello congedava l’appuntamento della coscienza umana con la storia. E per una manciata di anni, dopo l’operazione Piombo Fuso del 2008-2009, abbiamo dimenticato quel sottotesto d’odio antisionista/antisemita.
Gli allarmisti, i tragici, gli ebrei diffidenti di tutto e tutti, mi hanno sempre fatto sorridere. Figlio di un mondo globalizzato, a mio agio in un’Europa senza più bisogno di passaporto, mi procuravano anche un certo imbarazzo quei ferventi difensori di Israele, aggrovigliati in chilometriche discussioni social contro terrapiattisti e complottari dell’ultima ora.
Poi il 7 ottobre.
Non è cambiato il modo in cui guardo la gente in fila alla cassa del supermercato. Non ho preso a camminare raso muro o a cercare con lo sguardo una via d’uscita in ogni situazione pubblica. Nessuna paura ha preso ad attanagliare le mie viscere.
Ma è riemersa, d’un tratto, l’indifferente crudeltà dell’uomo medio. Quella l’avevo scordata.
Hanno le loro ragioni tutti quelli che rimproverano a Netanyahu e alla sua impresentabile maggioranza ultra(s) religiosa, gli scempi di una guerra maledetta. È giusto, anzi doveroso, urlare contro il governo quando cadono i missili sui campi da calcio dei bambini o il prezzo di uno dei leader di Hamas è la morte di centinaia di innocenti. La mia Israele non deve ragionare così. Il mio occidente non ragiona così.
Ma è ben altra cosa sventolare gratuitamente il proprio odio generalista. Quello del post condiviso da milioni di persone, quello dei vari “boicottaggi da social-network”, quello delle manifestazioni che sfociano in bandiere bruciate.
Mi ero dimenticato che il senso di smarrimento e disperazione non deriva dal vedere l’antisionista di turno sbraitare nei talk show, ma dallo stato whatsapp “boicotta Israele alle Olimpiadi” del mio vicino di casa. Dallo sfondo di un cellulare, dalla passeggera storia di instagram, tra i cornetti e i cappuccini, in cui si odia Israele. Dalle chiacchiere da salotto.
Ecco. Questo è ciò che mi distrugge. L’insostenibile leggerezza del disprezzo.
Un disprezzo passeggero, velenoso proprio per la sua volubilità. Tra una foto al mare e un aperitivo, un post in cui condanno Israele, sionisti e già che ci sono tutti gli ebrei. Poi torno a mostrare i piatti mangiati al ristorante la sera prima o mio figlio che si infila le penne nel naso.
Mi paralizza l’astio del cittadino medio. Lo schiaffo in faccia perché, in fondo, lo merito. Sono ebreo.
È questo il sottotesto, sottile e serpeggiante nella coscienza collettiva. Quel disgusto atavico per l’ebreo che non sboccia in un sentimento netto come l’odio. Ma si limita a rimanere lì. A rimanere una sberla ogni tanto. Già che ci siamo.
Posso difendermi da chi mi odia. Sono disarmato, invece, davanti alla leggerezza generalista.
Passerà? Probabilmente passerà. Per l’ennesima volta dimenticherò la mia parte in questa recita. In fondo gli ebrei rimangono saldi nella loro identità perché c’è sempre qualcuno pronto a ricordargliela con il proprio odio. E così le tessere del domino torneranno al loro posto. In un eterno divenire Nietzschiano scorderemo tutto, ricominciando daccapo. Torneremo cittadini del mondo fino alla prossima catastrofe.
Al prossimo 7 ottobre.
Pensando al mondo come un posto lontano lontano.
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