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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Sara Levi Sacerdotti

SETTEOTTOBRE

L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Sara Levi Sacerdotti

Erano pressappoco le sei di pomeriggio giravo per le strade di Torino stordita ma non ancora consapevole di cosa avrebbe prodotto il 7 ottobre nella mia vita. Poteva essere lunedì 9 ottobre. In via Mazzini a Torino incontro Rubén mio giovane collega consigliere alla Comunità ebraica di Torino e Yanir. Yanir coetaneo di Rubén è stato Gaza quando era soldato con l’IDF. Ci guardiamo, siamo tutti e tre barcollanti ma felici della strana casualità di esserci incontrati. Ci sediamo in un bar la gente passa con le borse varie dello shopping, il clima è ancora mite. Ordiniamo. Siamo degli zombie in un mondo di normalità che sta andando a cena. Yanir vuole arruolarsi, suo padre gli ha detto di guardarsi allo specchio e di decidere cosa fare. A Rubén sta per nascere un nipotino. Beviamo una Coca Cola, ci teniamo sugli alcolici. Yanir ci dice che Gaza è l’inferno, lui ci è stato.
I rumori delle persone non li sentivamo più, eravamo sintonizzati su noi tre. Rubén ci racconta dei ragazzi israeliani che fanno la shmirà a scuola, impietriti, hanno paura. Io dico “stamattina ho portato Lea a scuola, c’era un livello elevato di sicurezza”. Hanno consigliato ai genitori di non far indossare la divisa per chi non si sentisse sicuro. Frasi sconnesse, un appannamento generale il mondo andava avanti e noi giocavamo con i cubetti di ghiaccio guardando fissi nei bicchieri per non piangere. Storditi, soli, annebbiati, tristi, angosciati.
Era solo l’inizio dell’essere altrove.
Si comincia una routine di semi clandestinità di giorno per passare le notti su internet e a scambiarci notizie.
Tra ottobre e novembre si comincia a fare il conto degli amici con cui puoi parlare e gli altri. Ci sono amici nuovi e rapporti vecchi che si rinsaldano. A novembre rompo con il gruppo femminista di Torino. Il primo sentimento di ingiustizia rabbia e esclusione profonda arriva il 25 novembre. Donne escluse da donne. Noi/Voi mi scrive la presidente dell’associazione femminista. (Poi candidata in un ottimo posto con il PD alle Europee).
Gli stupri delle donne israeliane non sono abbastanza importanti, non sono provati, non sono, non sono, non sono talmente tante cose che si fa a meno di parlarne.
Rabbia e dolore da portare a Roma alla manifestazione contro l’odio e l’antisemitismo promossa dall’UCEI. Un po’ di ossigeno perché siamo insieme. Cominciano gli appelli. Cominciano i siti per stimolare l’attenzione sulle donne stuprate. La solidarietà delle iraniane e delle ucraine. L’8 marzo come il 25 novembre, il 25 novembre come il 25 aprile per la brigata ebraica. Le Università diventano luoghi dove gli ebrei non sono benvenuti, gli israeliani il nemico giurato dell’”intifida studentesca”. Una ragazza israeliana che studia medicina mi chiede “ma loro sanno cos’è l’intifada?”.
Gli ostaggi ancora nei tunnel. La disinformazione ovunque. Una boccata d’ossigeno l’Associazione Setteottobre. Arrivano le elezioni europee. Da sempre sono stata dalla parte della sinistra riformista che però, guarda caso, sta volta si è sottomessa a quella massimalista tanto glamour, nei salotti tv, fa un male cane. Per non parlare degli ebrei per la pace. Anche loro ospiti prelibati dei salotti televisivi.
Oggi, attendiamo la liberazione degli ostaggi.
Dopo il 7 ottobre il mio spirito di ebrea si è rinsaldato come mai nella mia vita con Israele.


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