SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS
Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.
Stefano Piazza
Il 7 ottobre 2023 non è stato una tragedia solo per Israele, ma una nuova macchia sulla civiltà umana nel suo insieme che ha dimenticato la Shoah. Quanto accaduto solleva domande profonde sulla natura dell’essere umano, sui pericoli dell’odio e del pregiudizio e sulle responsabilità degli individui e delle nazioni di fronte al male assoluto. Mi occupo di terrorismo e di fondamentalismo da molti anni, ma quanto ho visto durante il mio viaggio in Israele nel febbraio scorso è qualcosa di indicibile, di sconvolgente e che va combattuto, perché oggi tocca a Israele, domani invece sarà il nostro turno. Nessuno si illuda.
La solidarietà internazionale nei confronti di Israele è durata qualche giorno. Poi, quando lo Stato ebraico ha deciso di reagire con l’operazione militare che serve a evitare un nuovo 7 ottobre e a riportare a casa gli ostaggi ancora in vita e i cadaveri di coloro che sono stati barbaramente trucidati dai jihadisti di Hamas, abbiamo assistito al ribaltamento della storia. I media hanno fin qui giocato un ruolo fondamentale nella narrazione del conflitto, che è tutta o quasi contro Israele, dato che i comunicati di Hamas sul numero dei morti, evidentemente falsi, sulle operazioni militari e su tutto quanto accade nella Striscia di Gaza sono copiati, incollati e dati in pasto ai lettori, ai quali viene presentata una realtà studiata a tavolino da quelle menti raffinatissime che sono dietro alla propaganda di Hamas.
Ma il 7 ottobre sancisce anche la fine di istituzioni come l’ONU, ormai ostaggio dell’Iran, degli Stati arabi, della Russia e della Cina che, non a caso, sono contro Israele, e dell’Unione Europea che, tra mille distinguo, ha come alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza un uomo come Josep Borrell che, al pari del segretario generale dell’ONU António Guterres, fanno da decenni dell’ostilità a Israele il loro tratto distintivo politico e personale. Ma il 7 ottobre non è arrivato per caso. L’operazione militare voluta dall’Iran è stata studiata per anni e in Israele qualcuno non ha vigilato e per questo dovrà spiegare e pagare il prezzo della sua inazione. Infine, c’è un 7 ottobre che deve essere ancora scritto; chi impedì per ore le comunicazioni radio, telefoniche e web nel sud di Israele quella mattina? A mia precisa domanda la risposta è stata: «un’entità statale e stiamo indagando». Chi è stato e perché? Chi paga le manifestazioni di piazza contro Israele, chi finanzia le proteste negli atenei e chi paga coloro che vanno in televisione ogni giorno da ormai un anno per raccontare che Hamas è un movimento politico e che Israele è uno stato terrorista?
Fateci caso: sono gli stessi che da più di due anni si sono messi al servizio della Russia di Vladimir Putin, lui sì criminale di guerra. Non può essere un caso.
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