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SETTEOTTOBRE: L’ESPRIT DU TEMPS – Yoram Ortona

SETTEOTTOBRE
L’ESPRIT DU TEMPS

Tra poco sarà un anno dal pogrom con cui Hamas ha dichiarato guerra a Israele e all’Occidente. L’Associazione Setteottobre, nata in Italia per combattere l’antisemitismo risorgente nelle nostre società, ha deciso di avviare una riflessione su che cosa è cambiato, dopo il 7 ottobre del 2023, nelle nostre vite individuali e nella vita collettiva.


Yoram Ortona

Quasi un anno dopo il terribile pogrom del 7 ottobre 2023 nel sud d’Israele, perpetrato dai famigerati terroristi palestinesi di Hamas, è difficile descrivere ciò che si prova.

La memoria di quel giorno continua a essere viva, mentre la guerra in Israele prosegue su più fronti. Alcuni ostaggi sono ancora nelle mani dei loro carnefici, alcuni di essi sono stati uccisi con metodi nazisti, più di 700 soldati sono morti e gli attacchi terroristici sono ancora frequenti.

Quel 7 ottobre, mentre mi recavo in sinagoga come ogni sabato, ricevetti un messaggio da mia figlia a Tel Aviv con la triste notizia. Entrato nel Tempio, il mio volto era sconvolto. Quando qualcuno mi chiese cosa fosse successo, riferii solo le poche informazioni in mio possesso.

Man mano che le notizie cominciavano a girare, la mia mente ritornava al pogrom che accadde a Tripoli il 5 giugno 1967, quando avevo quasi quattordici anni e stavo iniziando l’esame di terza media.

È stato come un flashback al pensiero che in quel momento nel profondo del Negev, dei mostri, dei terroristi palestinesi con mitra e pistole, urlando a squarciagola, stavano cominciando una mattanza, uccidendo giovani che stavano ballando e ascoltando musica, uomini, donne, anziani, bruciando case dei kibbutzim, stuprando e violentando donne, decapitando bambini.

Era iniziata la caccia all’ebreo, ma questa volta sul suolo israeliano, un fatto impensabile fino a quel momento. Il massacro con il numero più alto di morti e feriti tra gli ebrei in un solo giorno dopo la Shoah, eseguito con modalità brutali e senza possibilità di fermare la mattanza.

Nonostante il passare delle ore, e l’invasione di 3000 terroristi e oltre 6000 civili palestinesi, non c’era stata ancora una risposta efficace da parte dell’esercito. Dopo il massacro, i terroristi di Hamas e della Jihad islamica portarono dentro la striscia di Gaza 251 ostaggi, accolti come trofei dalla popolazione palestinese.

Nel novembre scorso, mi recai in Israele per la nascita del mio quarto nipotino e per un mese svolsi volontariato per l’esercito a Tel Aviv.

Al ritorno a Milano il mio cuore era spezzato. Non potevo sopportare i tg sulla guerra di Gaza e le numerose manifestazioni pro-Hamas nella mia città. Sentivo che la narrazione dei fatti era stata stravolta e non potevo accettare, come cittadino italiano, tale distorsione.

La mia anima era profondamente malata e per questo motivo, decisi di tornare in Israele per alcuni periodi e svolgere attività di volontariato in alcune basi militari dell’esercito israeliano in diverse zone del paese, sotto le red alert, missili e droni che venivano sparati dalle zone di guerra. Tra i volontari c’erano ebrei, cristiani e persone di diverse nazionalità: americani, sudafricani, canadesi, francesi, belgi, australiani, britannici, argentini e ungheresi.

È stata un’esperienza utile e umanamente straordinaria. La mia anima di ebreo e di uomo, cominciava a guarire e, nonostante tutti i pericoli, mi sono sentito nel posto giusto e nel momento giusto. Ho vissuto momenti ed emozioni che mi hanno fatto sentire orgoglioso come uomo e come sionista.

Tutto il resto è cronaca.


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