ISRAELE: DIECI BUGIE PER DIECI GIORNI #9
Nicoletta Tiliacos
Dopo il 7 ottobre 2023, di fronte all’ondata di antisemitismo che percorre le società occidentali e contagia le giovani generazioni, è sempre più necessario smontare le menzogne sullo Stato ebraico, tese a negarne lo stesso diritto all’esistenza. Nel pamphlet intitolato “Le dieci bugie su Israele”, la giornalista e scrittrice Fiamma Nirenstein analizza i più deleteri luoghi comuni dell’odio antiebraico e antisraeliano, confutandoli uno per uno e smascherando le manipolazioni della realtà su cui si fondano.
Setteottobre ringrazia l’autrice, che ha accettato di mettere a disposizione del nostro sito questo suo prezioso lavoro, e la Federazione delle Associazioni Italia-Israele, che nell’aprile 2024 ne ha pubblicato e diffuso gratuitamente la versione cartacea.
È possibile scaricare gratuitamente il libro di Fiamma Nirenstein nella versione completa sul sito della Federazione delle Associazioni Italia Israele.
Bugia n. 9: Israele fa un uso sproporzionato della forza militare
Fiamma Nirenstein
La comunità internazionale e i media sono ossessivamente focalizzati sulla nozione di “proporzionalità”, mentre sostengono che la risposta al massacro del 7 ottobre è eccessiva e dettata da senso di vendetta, e che non tiene conto della popolazione civile innocente. Prima di tutto, il termine “proporzionalità” coinvolge non il numero, ma la proporzione fra il vantaggio militare che risulta da un’operazione di guerra e il pericolo che viene eventualmente inflitto a chi si trova coinvolto. Le schiere di avvocati che di giorno in giorno valutano se colpire un edificio, devono decidere se il rischio che vi sia qualche persona nascosta dentro, dopo le centinaia di avvertimenti capillari che l’esercito diffonde con i volantini e sui telefoni, è proporzionale rispetto alla minaccia rappresentata da un lanciamissili nascosto in quell’edificio per le scuole e i passanti (per esempio) di Sderot. Si tratta di un lavoro molto delicato, che Israele compie senza risparmio. Ed è il cinismo con cui abitazioni, scuole, ospedali con dentro la gente vengono usati a scopi militari, il fatto che i bambini vengono mandati verso i soldati (come è più e più volte avvenuto) con bombe e armi da fuoco, il fatto che i soldati vengono attirati in trappole da cittadini che sventolano bandiere bianche, a creare un alto numero di vittime. Il giornalista e scrittore Douglas Murray ha spiegato molto bene che l’uso dell’idea di proporzionalità è insensato dopo ciò che si è visto nelle cittadine di Israele a partire dal 7 ottobre: «Proporzionalità, secondo gli accusatori, dovrebbe allora significare – dice Murray – che Israele, dopo aver collocato un festival musicale a Gaza, si accanirebbe a violentare lo stesso numero di donne che sono state violentate al Festival Nova, e a uccidere lo stesso numero di ragazzi… oppure che in una città della stessa dimensione di Sderot, porta dopo porta, dovrebbe uccidere lo stesso numero di bambini ammazzati a Sderot e dovrebbe sparare in testa allo stesso numero di anziani nei kibbutz». Si deve notare, e qui possiamo ancora seguire le affermazioni di Murray, che «Israele sembra essere l’unico Paese del mondo che non ha il permesso di agire per vincere una guerra. Da tutto il mondo viene la richiesta di cessare il fuoco, e di fatto questo diminuisce oggi il puro e semplice diritto di Israele alla sicurezza, cui ha diritto come qualsiasi altro Stato. Il numero degli uccisi a Gaza, di cui ogni telegiornale e ogni messaggio su internet parlano, è a sua volta un fraintendimento e un imbroglio. Mentre scriviamo, si sostiene che siano ventiduemila i civili e seimila i combattenti uccisi, mentre Israele stima che questi ultimi ammontino a più di dodicimila. Per tutti quanti comunque bisogna considerare il numero di uccisi da Israele e di quelli che per errore sono stati falciati dai missili e dalle armi stesse di Hamas sul suo territorio. Si calcola che più di duemila missili di Hamas siano ricaduti sul territorio di Gaza (compreso quello che nel parcheggio dell’ospedale di Al Ahli ha ucciso decine di persone). Si deve aggiungere a questo che le percentuali di civili uccisi in questa ultima guerra è molto minore rispetto a quella dei civili uccisi in quasi tutte le altre guerre conosciute, comprese quelle in Yemen, in Sudan, in Congo, in Siria, in Iraq, a Myanmar. Comunque, anche considerando il rapporto combattenti-civili come quattro a uno, è un numero più basso di quello dei conflitti di una guerra urbana combattuta da un esercito professionale, che è di dieci civili per ogni combattente. Se si accettano i dati di Israele, il rapporto diventa, per ogni terrorista ucciso, di due civili. Tenere basso il rapporto costa a Israele quotidiane, dolorosissime perdite di soldati di leva e dei servizi di riserva, che lasciano casa e lavoro per difendere il Paese dal pericolo mortale costituito da Hamas».
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